Mario Perrotta

Hystrio

Molière/Perrotta – Alceste militante dell’etica contro i malati di potere Solido e senza tempo come solo un grande classico può essere, ma anche forte e fragile come è il puro teatro d’attore e di parola. Ha rischiato grosso Mario Perrotta abbandonando gli assoli con seggiola da narratore per buttarsi in un’avventura collettiva che, dopo Molière, […]

Molière/Perrotta – Alceste militante dell’etica contro i malati di potere

Solido e senza tempo come solo un grande classico può essere, ma anche forte e fragile come è il puro teatro d’attore e di parola. Ha rischiato grosso Mario Perrotta abbandonando gli assoli con seggiola da narratore per buttarsi in un’avventura collettiva che, dopo Molière, prevede Aristofane e Flaubert: una “Trilogia dell’individuo sociale” per indagare quanto siamo homo homini lupus e quanto invece disponibili alla convivenza civile. Ha scelto il Misantropo, ne ha fatto una traduzione che sarebbe piaciuta a Garboli, rispettando il verso ma rendendolo “dicibile” in scena, lasciando perdere le forzate attualizzazioni ma concedendosi qualche manomissione per mantenere l’efficacia del portato satirico. Qualcuno potrà storcere il naso a sentir citare Clemente, Pierferdinando, Dalemide, Ignazio, gli amici di Maria, Alba e il presentatore dalle mani giunta al posto dei vari Cleante, Damone, Belisa, Adraste, Damide… Eppure ci sta, perché se quei nomi all’epoca di Molière appartenevano a persone ben precise, oggi per noi non avrebbe senso. Senso che riacquistano nominando i cortigiani del nostro tempo. Coraggiosa è anche la scelta registica: otto attori soli in scena con le loro storie, senza appigli scenografici, a muoversi come su un nudo ring e ad aspettare il proprio turno seduti in posa su sgabelli. Non ha cercato altro Perrotta, se non il testo e l’attore, riservando per sé un istrionico cameo nel ruolo di Oronte, nobile ipocrita e pessimo poeta bistrattato da Alceste. E lo spettacolo lo si è visto crescere (…) A partire dal protagonista, l’Alceste di Marco Toloni, che va colorando di rabbiose passioni la sua intransigenza verso i lacché dei potenti per poi ritrovarsi disarmato di fronte all’amore per la più cortigiana di tutte, la splendida Celimene di Paola Roscioli, padrona assoluta della scena fin dal debutto. Le stanno al passo la coppia “buona” Eliante-Filinte (Francesca Bracchino e Lorenzo Ansaloni), unici amici sinceri del ruvido protagonista (…) D’altra parte il teatro d’attore è questo: matura solo attraverso la pratica scenica e questo spettacolo lo sta dimostrando.