Mario Perrotta

Chi sono

Chi sono

Tutto ciò che segue è basato su fatti realmente accaduti e su rielaborazioni personali degli stessi, che sono anch'esse fatti concreti, se è vero che ognuno di noi non è solo ciò che ha fatto ma, soprattutto, come lo ha vissuto

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Biografia semiseria in terza persona.

Mario Perrotta nasce a Lecce nel 1970. Nella periferia della città (costituita da campi incolti e palazzi di sette piani) impara da piccolo: il gioco del pallone praticato sui “petruddhuli” (pietriccio, ghiaino, materiale inorganico pre-urbano), il dialetto leccese (assolutamente vietato in casa con la madre ma non a casa dei nonni), le mazzate di sopravvivenza (forma di scontro fisico quotidiano, atta a dimostrare che non hai paura anche quando ce l’hai) e la leggerezza dell’essere (praticata arrampicandosi sulle impalcature dei palazzi in costruzione giocando “a chi arriva più in alto”). Dal 1975 al 1979 perde sistematicamente tutti i campionati annuali di pallone, di mazzate e di “a chi arriva più in alto” e intanto pratica con metodo il dialetto. Nel 1980, grazie allo sforzo profuso in precedenza, vince clamorosamente tutto il vincibile, raggiungendo, nell’ultima specialità della stagione (a chi arriva più in alto), il quinto piano della casa popolare in costruzione “cooperativa la Candida”. Il record resterà imbattuto 3 anni.

In casa con la madre impara l’italiano, le opere liriche e il teatro in lingua; con il nonno omonimo, eccellente attore se pur non professionista, pratica il teatro in vernacolo e impara a memoria i grandi del teatro dialettale italiano, da Eduardo a Gilberto Govi; sui treni usati per raggiungere il padre a Bergamo viene affidato alle famiglie di emigranti di cui ricorda gli “sguardi da partenza”; sui treni usati per tornare a Lecce, sempre affidato agli emigranti, impara gli “sguardi da ritorno”. In questo periodo è soprannominato Goldrake a causa di un vistoso apparecchio correttivo per i denti. Fondamentale in questi anni è la presenza della zia Zaira e dei suoi dischi: è in questo periodo che nasce la passione per tutto il trash italiano anni ’50 – ’70. Ferratissimo su Albano e Mario Tessuto approderà ai Led Zeppelin e più in generale al rock, solo negli anni ’90.
Nel 1984 si iscrive al liceo scientifico perché “il futuro è l’ingegneria e l’informatica” odiando però la matematica, la fisica e l’inglese e naturalmente predisposto alla materie umanistiche. Viene rimandato una sola volta in latino, nonostante la media dell’otto, per aver mandato “fanculo” il professore che oggi ricorda come un maestro di vita.

Naturalmente predisposto alle materie umanistiche si iscrive ad ingegneria a Bologna: il giorno dopo il primo esame, passato con successo, cambia facoltà scegliendo filosofia. Nel 1989/90 frequenta per pochi mesi una scuola di teatro e poi, insoddisfatto, un’altra scuola teatrale sempre a Bologna: è qui che nasce il nucleo fondatore della Compagnia del Teatro dell’Argine. Fondamentali in questi anni il lavaggio macchine e i ristoranti presso i quali lavora per mantenersi agli studi: in questi luoghi costruisce un concetto epico di sé stesso che lo accompagnerà sino agli ultimi anni del vecchio millennio. Con gli altri fondatori del Teatro dell’Argine intraprende dal 1994 un percorso formativo e artistico improntato sulla nuova drammaturgia e soprattutto sulla scrittura dei testi che la compagnia mette in scena, alternando ad esso esperienze più “classiche” e occasionali con varie compagnie di giro (tra gli altri, ricorda con ammirazione l’esperienza con Glauco Mauri) e guardando tutto ciò che c’è di visibile in VHS dei grandi attori e registi del teatro italiano, ai quali cerca di rubare i vecchi segreti del mestiere di cui, ancora oggi, fa uso come può.

Dal 1996 al 1998 grazie a lunghi periodi di fermo teatrale forzato, si mantiene facendo il tecnico luci, in contesti spesso poco utili ma con alcune eccezioni “illuminanti”, imparando così un altro aspetto fondamentale del teatro: il segreto della luce sta nei bui che riesce a creare.

In questi anni interpreta anche alcune fiction di successo di cui ricorda gli ottimi cachet. Intanto, sempre a Bologna, consegue la Laurea in Filosofia con 110 e lode presentando una tesi sull’estetica di Pirandello.
Fondamentale nel 1998 l’incontro con Paola Roscioli, attrice di scuola strehleriana, che diviene sua compagna stabile, nella vita e nel lavoro, grazie alla quale comincia a sgretolare tutte le certezze epiche su sé stesso per approdare a un visione più complessa e problematica di sé e del mondo, scoprendo il confronto come strumento sistematico di creazione. Nello stesso anno il Teatro dell’Argine vince il bando di concorso per la gestione dell’ITC Teatro di S. Lazzaro (BO) accelerando improvvisamente la propria attività organizzativa e produttiva.

Trasferitosi a Roma, ma continuando a lavorare con la propria compagnia, comincia a comprendere che la fuga vertiginosa dalla periferia di Lecce, che lo ha condotto prima Bologna e poi a Roma, ha un unico esito possibile: il ritorno a casa. Non un ritorno fisico ma un ritorno dell’anima. Inizia così a progettare “cose” intorno alla sua terra in un processo di riaccostamento graduale ma costante.
Nell’estate 2001, progetta e dirige per il Comune di Otranto il festival Otranto In Scena. Nelle tre edizioni realizzate il festival ospita compagnie assenti dalla Puglia da oltre 20 anni come il Teatro dell’Elfo, e ancora Ascanio Celestini, Lorenzo Salveti, Paolo Rossi, Peppe Barra, Laura Curino, Ozzano Teatro Ensemble. Purtroppo, lo scontro permanente con l’amministrazione forzitaliota, della quale deve risolvere gli svarioni organizzativi e a cui deve spiegare ogni nuova edizione la differenza tra gli spettacoli ospiti e il culo di Valeria Marini, decreta la fine di quell’esperienza.
Ostinatamente, ritorna sul luogo del delitto, spinto dal bisogno personale di trovare una fusione tra le proprie radici e il teatro. Un’apparente illuminazione (in realtà frutto di lunghe elaborazioni inconsce) lo coglie sulla strada statale tra Maglie e Otranto: quella terra va “raccontata”, e nessuno meglio di chi l’ha dovuta lasciare per forza (gli emigranti), può raccontarla con lo sguardo giusto, né troppo miope né troppo presbite. Dall’inverno del 2002 si dedica a tempo pieno alla raccolta di testimonianze orali degli ex-emigranti salentini e, più in generale, italiani, registrando oltre 150 ore di racconti straordinari che costituiranno l’ossatura del Progetto Cìncali. Fondamentale in questo progetto la collaborazione con Nicola Bonazzi (ottimo drammaturgo e fondatore anche lui dell’Argine), con il quale aveva già condiviso le camere d’albergo di due lunghe tournée, in un’altra compagnia di giro nei primi anni ’90. Intanto, nell’inverno 2003 cura un progetto per l’Università di Bologna, mettendo in scena la Casina di Plauto tradotta da Francesco Guccini, spettacolo che lo vede regista ed interprete insieme al noto cantautore nelle insolite vesti d’attore. Nella primavera 2003, ormai prossimo al debutto di Italiani cìncali, decide di procrastinare lo stesso debutto di tre mesi, causa un incontro irrinunciabile e inseguito da tempo: il Teatro dell’Elfo e Shakespeare. Debutta al festival shakespeariano di Verona con il Mercante di Venezia diretto da Elio De Capitani. Tra le condizioni contrattuali riesce a strappare una partecipazione vocale al suo progetto dello stesso De Capitani e di Ferdinando Bruni i quali, durante la registrazione, si dicono convinti e felici di aderire, distinguendosi ancora una volta agli occhi di Perrotta per la loro signorilità. Da quel momento Perrotta si autoconvince che anche gli altri artisti che accolgono la richiesta (Laura Curino, Ascanio Celestini e Peppe Barra) abbiano accettato per adesione culturale e non per sfinimento.

Comunque il cerchio si chiude: troppo in là con l’età per il gioco del pallone, troppo sofferente di vertigini per “a chi arriva più in alto”, troppo consapevole che se hai paura è meglio mostrarla piuttosto che tirare mazzate di sopravvivenza e scoperta l’insostenibile leggerezza dell’essere, non gli resta che il dialetto leccese per riconciliarsi con quella periferia anni ’70 da cui era fuggito per chissà dove.
Va in scena, insieme alla sua lingua madre, nel settembre 2003 con Italiani cìncali e, nel settembre 2005, con La Turnàta, i due capitoli del progetto dedicato all’emigrazione italiana. Tra i due spettacoli accade un po’ di tutto ma, in particolare, si concretizza la possibilità di pensare nuovi progetti con serenità.
Nel 2005, con Rossella Battisti, progetta e dirige “Teatro Incivile” una collana di teatro in DVD pubblicata con il quotidiano l’Unità e distribuita in edicola da febbraio a maggio 2006. Presenti nella collana: Ascanio Celestini con Fabbrica, Mario Perrotta con Italiani cìncali! parte prima:minatori in Belgio, Emma Dante con ‘mPalermu, Davide Enia con maggio ’43, Giuliana Musso con Nati in casa e Armando Punzo con I Pescecani ovvero quel che resta di Bertolt Brecht.
Nel settembre 2006 al Teatro Argentina di Roma, la Compagnia del Teatro dell’Argine riceve Il Premio Hystrio – ANCT “per la passione e la testardaggine con cui tengono alta la guardia della coerenza e dell’impegno, per la disponibilità a rischiare in proprio e per la capacità di lavorare duramente, senza gli sterili piagnistei di tanto teatro fondato sull’assistenzialismo”. Negli stessi giorni, particolarmente fortunati, Perrotta riceve anche il sì definitivo della Rai, per il programma radiofonico Emigranti Esprèss che, nelle sue intenzioni, dovrebbe chiudere il ciclo dedicato all’emigrazione. Il successo della trasmissione determina la candidatura in finale al Prix Italia, Premio internazionale per la radio, televisione e web e la vittoria del premio Speciale della Giuria nell’altro concorso internazionale per la radio, in occasione degli 80 anni della TRT, Radio Televisione Turca.
Ma ancora un ultimo e importante capitolo doveva accadere a chiudere il cerchio: Emigranti Esprèss diventa un libro pubblicato da Fandango Libri uscito in libreria il 20 marzo del 2008 e chissà se è veramente finita…
Intanto nel 2007, debutta con il suo nuovo spettacolo Odissea con il quale Perrotta tenta una svolta stilistica nel suo percorso teatrale e, per non saper né leggere e né scrivere, si fa accompagnare da due ottimi musicisti Mario Arcari e Maurizio Pellizzari.
Con molto orgoglio, per la serietà e la dedizione di chi glielo conferisce, a settembre 2008 riceve il Premio Città del Diario assegnato in precedenza a Marco Paolini, Ascanio Celestini e Rita Borsellino, dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S. Stefano (AR) fondato e diretto da Saverio Tutino.
La motivazione del Premio:
“Impegnato da anni in un importante recupero delle memorie dei nostri migranti, Mario Perrotta riesce a riprodurre l’esattezza della testimonianza orale trasformando la cronaca degli eventi in affascinanti racconti teatrali e in storie letterarie che hanno un inconfondibile registro narrativo. Le testimonianze delle quali si fa tramite, inserite in un preciso contesto storico, frutto di un attento lavoro di ricerca, diventano teatro. Un teatro che è riduttivo definire “di narrazione”; ma che è piuttosto un racconto corale animato da molte voci, autentiche e fantastiche, vere e verosimili, fra le quali si nasconde la sua personale traccia autobiografica.”
L’anno 2008 lo chiude debuttando con Prima Guerra dedicato alla particolare posizione del popolo trentino nel primo conflitto mondiale. Gli ruba l’attenzione in scena un’ottima Paola Roscioli, accompagnati entrambi dagli stessi musicisti di Odissea.
Il 2009 lo apre ancora meglio ritrovandosi candidato come Miglior Attore ai Premi Ubu 2009 e, pur non vincendo, si ritrova sul palco dei vincitori nell’insolite vesti di presentatore della serata. Consegna con grande pulizia i vari premi ai vincitori tranne quello della sua categoria, consegnato al geniale Alessandro Bergonzoni: un abbraccio sul palco tra i due scopre una scritta sulle spalle del golf indossato da Perrotta: “NON HO VINTO”.
A febbraio è insieme a Stefano Benni, Massimo Carlotto e Valeria Parrella a rappresentare la cultura italiana a Parigi all’interno della “Festa del libro e della cultura italiana”.
A giugno si rifà di quel “non ho vinto” vincendo il Premio Hystrio per la drammaturgia con Odissea.
E tanto per non affidarsi ad alcun punto fermo, appena vinto il premio per la drammaturgia, decide di affrontare un progetto triennale su tre testi classici: Molière, Aristofane e Flaubert, con la convinzione che i testi presi in causa parlino talmente ferocemente del presente che non c’era bisogno di scriverne di nuovi. Semmai è molto interessante tradurli: due volte. La prima in senso letterale e la seconda in senso teatrale cioè, farli diventare atto scenico. Perrotta inizia dalla traduzione in versi de Il Misantropo di Molière e va in scena nell’estate 2009 con la sua regia, otto attori e tre tecnici facendosi dare del pazzo da più di un addetto ai lavori: davanti alla crisi economica più grande mai vissuta tu passi da 1 attore e 1 tecnico, a 11 persone? “Sì, sono un uomo di teatro e non un commerciante” è la risposta teatrale ma sincera di Perrotta.
In realtà non ha deposto completamente la penna, tanto che a settembre del 2009 esce il suo secondo libro: Il Paese dei diari edito da Terre di mezzo editore con l’amichevole prefazione di Ascanio Celestini, nel quale Perrotta racconta esattamente quel luogo dove era stato premiato l’anno precedente: l’Archivio dei diari di Pieve S. Stefano.
L’inverno del 2010 lo trova di fronte a un nuovo dilemma e una nuova sterzata: Aristofane, il secondo capitolo della sua trilogia, pare non essere adatto alla scena contemporanea e soprattutto non risponde completamente alle nuove idiosincrasie di Perrotta, e allora eccolo di nuovo con la penna in mano a riscrivere a suo modo l’autore classico così come aveva fatto per Odissea. Mantiene però fede all’impegno di lavorare con altri attori e, insieme a sei degli otto interpreti di Misantropo, debutta nell’estate con I Cavalieri-Aristofane cabaret. Nel frattempo registra nuovi monologhi per Rai3 che sono inseriti nella seconda puntata de La Grande Storia, in onda su Rai3 il 27 agosto del 2010.
Nel marzo 2011 debutta in anteprima con lo spettacolo Il Paese dei diari, tratto dall’omonimo romanzo scritto nel 2009, mentre, sempre perché certe storie non finiscono mai, il 28 aprile 2011 debutta con grande successo di pubblico e di stampa a Bruxelles con la regia del suo Italiani cìncali, nella versione francese interpretata da Hervé Guerrisi, anche traduttore del testo.
Due giorni dopo torna in Italia al volo per tuffarsi nelle prove dell’ultimo capitolo della trilogia che intitola: Atto finale – Flaubert. Anche in questo caso si tratta di una riscrittura totale dove i due straordinari “idioti” di Flaubert, vengono proiettati in un oggi non meglio identificato, per raccontare la solitudine dell’uomo contemporaneo.

Il 12 maggio segna un record personale, che spera di battere presto, con Odissea eseguita davanti a 1700 spettatori nell’Aula Magna dell’Università di Bologna. In realtà, era stato preceduto da Massimo Recalcati che aveva tenuto una splendida lezione “Patris imago – conoscere il padre”. Il sospetto che l’ottima organizzazione dell’Università di Bologna e la presenza di Recalcati abbiano determinato quell’affluenza è forte.
Comunque il suo precedente record era di 1500 ma “in solitaria”.
Il 4 settembre debutta al Festival Castel dei Mondi Atto finale – Flaubert l’ultimo capitolo della sua Trilogia.
Neanche il tempo di avvisare gli addetti ai lavori in merito all chiusura del suo progetto che il 12 dicembre Perrotta chiude l’anno 2011 con un traguardo importante e, questa volta, senza dubbi e senza santi in paradiso: presso il Piccolo Teatro di Milano riceve il Premio Speciale Ubu per l’intera Trilogia con la seguente motivazione “Premio Speciale Ubu 2011 a Mario Perrotta per la Trilogia sull’individuo sociale del quale coglie la disgregazione nel mondo contemporaneo”. Sul palco del Piccolo, con il Premio in mano, ringrazia tutti coloro che hanno permesso la realizzazione del progetto e condivide con gli stessi il Premio: dalla platea si alzano a prendere l’applauso più di trenta persone tra attori, tecnici, sarte, costumiste, amministratori, coproduttori e l’intero Teatro dell’Argine.
Il 2012 parte bene con la messa in onda di Paradossi italiani, una serie di micromonologhi su Rai3 per raccontare un’Italia diversa da quella stereotipata dei giornali e delle cronache, un ‘italia civile, che resiste. L’orario della trasmissione è improbabile (01.20) e Perrotta si affida al fatto che è di sabato e domani non si lavora.
A maggio, dopo una prima sortita autunnale, torna al Teatro Valle Occupato con una proposta settimanale di tre spettacoli e due laboratori tenuti al Nuovo Cinema Palazzo, l’altro spazio occupato di Roma restituito allo spettacolo dal vivo. Perrotta propone pubblicamente di occupare più spazi romani così finalmente può concedersi una tournée capitolina. Il sostegno alla causa degli occupanti si trasforma in una settimana ricca di stimoli come raramente capita in situazioni istituzionali.
Ad ottobre va in onda la seconda serie di Paradossi italiani su Rai3 ma intanto Perrotta debutta nell’opera lirica, scrivendo e firmando la regia di Opera migrante per il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. L’opera composta da due atti (Andante italiano alla belga/Musica di Lucio Gregoretti e Fuga straniera con moto/Musica di Andrea Cera) è diretta dal Maestro Marco Angius che sopporta con pazienza le intemperanze del regista (di solito è il contrario).

Dopo la tournée invernale e vari “sopralluoghi” e interviste effettuate a Gualtieri nei buchi di tournée, Perrotta debutta a maggio 2013 con la sua nuova trilogia “Progetto Ligabue” per la quale crea anche un sito tutto da visitare: www.progettoligabue.it. Il primo spettacolo dedicato al pittore svizzero-reggiano è Un bès – Antonio Ligabue. Dopo un debutto rocambolesco al limite del gettare la spugna per “stress da prima” lo spettacolo frutta a Perrotta il Premio Ubu come Migliore attore protagonista ex-aequo con Carlo Cecchi: questo volta sul palco e sempre con il premio un mano il pensiero corre dritto a un bimbo di un anno che siede in prima fila e che ha appena imparato a dire “papà”.
Lo spettacolo deve essere venuto davvero bene perché a giugno 2014 vince anche il premio Hystrio-Twister come miglior spettacolo dell’anno a giudizio del pubblico, dopo un’accesa finale con Il Commesso viaggiatore di Elio De Capitani e Le sorelle Macaluso di Emma Dante.
Intanto, a maggio nasce anche il secondo capitolo del Progetto Ligabue, Pitùr, che debutta – come il primo – al festival Primavera dei Teatri.

Ma siamo nel 2014 e non poteva passare indifferente il centenario di quella tragedia che fu la Prima Guerra Mondiale e, in settembre, debutta Milite Ignoto – quindicidiciotto dedicato a tutti i dimenticati di guerra, usati dai generali Cadorna e compagnia bella come “carne da cannone” (questa fu la definizione del Cadorna stesso!).
Con questo spettacolo si inaugurano le attività della Permàr Associazione Culturale composta da Mario Perrotta, Paola Roscioli, Anna Giuriola, Elisa Cuciniello. Da questo momento in poi le nuove produzioni di Mario Perrotta fanno riferimento a questo ente, mentre continua il rapporto con il Teatro dell’Argine per tutti gli spettacoli precedenti.

Sempre in settembre in libreria esce “IN UNA PAROLA. Frammenti di un’enciclopedia casuale” per Benzoni editore. Saggi di AA. VV. tra questo anche Perrotta che declina la parola “Sesso”.

Nel 2015 il Progetto Ligabue si conclude con il terzo capitolo Bassa Continua che coinvolge 200 artisti di ogni forma d’arte e 50 persone dietro le quinte tra organizzatori, tecnici e volontari. I chilometri di territorio coperti sono 40 e i comuni coinvolti 3: Gualtieri, Guastalla e Reggio Emilia. I tre percorsi che partono dalle rive del Po, dal Palazzo Ducale di Guastalla e dall’ex manicomio di Reggio Emilia (dove Ligabue fu recluso per parecchi anni), si danno appuntamento ogni sera nella piazza di Gualtieri per il finale comune. L’impatto di questo “kolossal” teatrale è notevole, sia sul territorio che a livello nazionale, tanto che, sulla spinta di quest’ultimo capitolo, il Progetto Ligabue vince il Premio della Critica ANCT 2015 in ottobre e a novembre il Premio Ubu 2015 come Miglior Progetto Artistico e Organizzativo.
Nella stessa edizione del Premi Ubu Milite Ignoto è finalista a come Migliore Novità Drammaturgica, ma tale resta perché è meglio non esagerare, cedendo il passo a Lehman Trilogy di Stefano Massini.

Intanto il 24 maggio 2015 Rai Radio 3 sceglie di commemorare i 100 anni dall’entrata in guerra italiana, con Prima Guerra e Milite Ignoto di Mario Perrotta in diretta dalla sala A di via Asiago – Roma.
Da quest’ultimo spettacolo nasce un progetto site specific ad Asiago – Milite Ignoto + Una notte sull’altipiano – che vede coinvolti, oltre ai coproduttori di Milite anche il Teatro Stabile del Veneto, il festival Bassano Opera Estate e il Comune di Asiago. Un percorso diurno guidato dagli allievi-attori della Scuola del teatro Stabile del Veneto conduce gli spettatori lungo le pendici del Monte Zebio attraverso più stazioni narrative fino alla sommità del monte. L’ascesa è accompagnata dalle guide alpine del territorio che illustrano i luoghi di guerra. Al tramonto va in scena Milite Ignoto sulla cima dello Zebio, con alle spalle tutto l’altipiano di Asiago.
Perrotta crede nelle potenzialità dell’ibernazione e finisce lo spettacolo tremando più per i 3° di temperatura che per l’emozione. Sarà la prima e l’ultima volta che si sottoporrà a questo tortura invocando le spiagge infuocate del suo Salento.

Che arrivano puntualmente. È l’ora! Finalmente, dopo 24 anni di percorso nel teatro italiano, riesce a debuttare in prima nazionale a casa sua con un progetto pensato per la sua terra.
A settembre 2016 va in scena un nuovo progetto speciale sulla scia di Bassa Continua del 2015.
Versoterra – a chi viene dal mare, occupa per tre giorni il territorio salentino, in un percorso itinerante che dall’alba sul mare Adriatico passa alla tappa diurna di Lecce, per giungere al tramonto sullo Ionio e chiudersi la notte, di nuovo sull’Adriatico. Delle quattro tappe che hanno coinvolto decine di artisti tra attori, musicisti e danzatori, l’ultima tappa notturna è costituita dallo spettacolo Lireta – a chi viene dal mare, che sarà la traccia permanente dell’intero progetto.
E questo incontro con casa sua sembra davvero la chiusura del cerchio: Perrotta pensa che non dovrebbe desiderare di più.

Ma chi fa teatro una cosa la spera sempre, anche se magari non avverrà mai: passare da un luogo che rappresenta una sorta di punto d’arrivo, cui tutti aspirano, anche quelli che lo denigrano. Il Piccolo Teatro di Milano.
E come un’infilata di buone cose, il 2016 porta con sé anche questo momento importante e Perrotta incrocia per la prima volta il Piccolo Teatro (Milite Ignoto 15-20 novembre Teatro Studio – Sala Melato) e, non contento, ci va anche ad insegnare: ma si tratta solo di una scusa per poter passare 10 ore al giorno (tra lezioni e spettacolo) nel luogo che ha visto le parabole meravigliose di Strehler, Grassi e Ronconi, animare i muri, le tavole e ogni singolo angolo di quel teatro dove – e non è da meno – debuttò nel 1993 una ragazza di nome Paola Roscioli, appena diplomata al Piccolo. Tutto torna in forma circolare e con i suoi incidenti di percorso…

Passando al volo per altre due candidature in finale ai Premi Ubu 2017 con il progetto Versoterra e con Paola Roscioli come miglior attrice (che si dichiara felice di aver perso l’Ubu a favore di una immensa Giulia Lazzarini di cui aveva spiato ogni respiro durante gli anni di studio al Piccolo), nel 2018 arriva l’incontro professionale con Massimo Recalcati (quello umano già avveniva da anni): Perrotta, più per dare risposte a se stesso come padre che per altro, dà il via a un progetto triennale sulla famiglia accompagnato dalla consulenza scientifica di Recalcati: In nome del padre, della madre, dei figli. Il debutto al Piccolo a dicembre è anticipato da un evento unico: Recalcati e Perrotta insieme sul palco esitvo di Velleia davanti a migliaia di spettatori a parlar di padri (Recalcati con scioltezza affabulatoria e sopratutto competenza; Perrotta rifugiandosi dietro una delle poche cose che ormai pare sappia fare: recitare).
Tra un giro teatrale e l’altro si riaffaccia un vecchio amore mai consumato: il cinema. Giorgio Diritti chiama Perrotta tra gli interpreti di Volevo nascondermi film dedicato alla vita di Antonio Ligabue. Baffetti anni 50 e capello leccato, Perrotta torna sui luoghi del delitto del 2015 con grandissima emozione e incontri commoventi con tanti amici del Po.
Il 2019 si apre con un’infilata notevole di tutto esaurito ma è già ora di tornare a lavorare sulla figura della madre dopo il debutto di In nome del padre.
Recalcati e Perrotta di nuovo a Velleia, accompagnati in scena anche da Paola Roscioli, giocano in tre una durissima partita con il tempo che li grazia all’ultimo minuto permettendo loro di andare in scena. Qui, un’intelligenza più vispa, avrebbe compreso che si trattava di un segno, avrebbe compreso che i padri, sì, si possono toccare, ma le madri, no: siamo in Italia e la madre è un’entità dello spirito che trascende le miserie umane e dispone a suo piacimento delle volute celesti e dei nimbi che le affollano. Perrotta, non coglie e prosegue…
Confortato da una nuova candidatura in finale ai Premi Ubu con In nome del padre, Perrotta lascia che Della Madre debutti al Piccolo nel 2020 incorrendo, in numerosi applausi ma anche, come era prevedibile, in pochissime ma ferocissime invettive di chi vi ha visto un attacco frontale a tutte le donne del mondo. Perrotta prima prova a spiegare e poi sceglie di incassare perché è giusto così: l’argomento è delicatissimo ed è quindi facile che provochi anche reazioni avverse. Restano, a parziale conforto etico, gli applausi convinti di quasi tutto il pubblico e le tante recensioni positive a firma femminile.
Sta per arrivare la pandemia del secolo e Perrotta fa in tempo a volare a Berlino per vedere premiato Diritti e il suo film insieme al protagonista Elio Germano. Poi prende l’aereo, torna a casa e ci resta dentro per tre mesi!
Mentre il covid19 blocca il mondo, Perrotta, sollecitato da una mail arrivata dal Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano, si inventa un progetto “da camera” piuttosto che darla vinta al virus e alla paranoia esistenziale in cui vorrebbe sprofondare il genere umano: Manuale di sopravvivenza è un grido di all’armi contro le visioni apocalittiche scatenate dalla pandemia. Leggete e rileggete la biografia di Vincenzo Rabito per scoprire che, in fondo, a noi stanno solo chiedendo di stare due mesi fermi a casa senza stipendio. Ai nostri nonni e bisnonni hanno chiesto due guerre di 8 anni, vent’anni di fascismo e cento milioni di morti con la spagnola.
Le puntate di Manuale vanno in onda su Radio 3 Rai e in rete creando una famiglia entusiasmante di affezionati che passano un mese in compagnia delle vicende di Vincenzo. Perrotta crede sia un suo successo personale ma probabilmente è un mix tra la forza di Rabito e il fatto che la gente non sapesse cosa fare tutto il giorno in casa…

È il 2021 che si inizia a intravedere la fine della clausura e a maggio inizia la produzione del terzo capitolo della trilogia: Dei figli, dedicato a tutte quelle divinità-figli che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il proprio ruolo di figlio nonostante i decenni trascorrano abbondantemente sulle loro spalle.
Nel frattempo, in estate, Perrotta azzarda, insieme ad altri 4 autori e autrici teatrali, la traduzione nei rispettivi dialetti di altrettanti canti danteschi in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante. Il risultato è presentato in scena coinvolgendo Stefano Bartezzaghi, Vito Mancuso, Lella Costa, Roberto Vecchioni e Piergiorgio Odifreddi, Arianna Scommegna, Valeria Raimondi, Mimmo Borrelli, Paola Roscioli, in un mix di punti di vista sull’opera e i temi del Sommo alla ricerca degli echi contemporanei della sua lezione.
A novembre finalmente debutta Dei figli, dopo aver richiesto immani sforzi per far recitare perfettamente a sincrono attori dal vivo con attori registrati in video tanto che, ancora adesso, ci sono spettatori in giro per i camerini dei teatri alla ricerca degli interpreti video, nella convinzione che fosse, quella, un’interazione impossibile se no tutta dal vivo. Lo spettacolo, grazie a un cast formidabile, vola dritto verso la candidatura e la vittoria del Premio Ubu come Migliore drammaturgia ai premi del 2022. Una delle interpreti, Dalila Cozzolino, è candidata finalista come miglior attrice under 35.
Ancora incontri speciali direttamente in scena con il progetto dedicato a La strada di Cormac McCarthy, che vede Perrotta accanto a Recalcati in uno spettacolo a filo teso tra interpretazione e commento psicanalitico, senza soluzione di continuità.
E così è anche il progetto Libertà Rampanti. Da Sofocle a Calvino: indagine a tre voci sulla libertà, dove Perrotta, abitato da pretese ormai fuori controllo, tenta di comprendere insieme ai suoi pazienti compagni di viaggio Sara Chiappori e Vito Mancuso l’inafferrabile senso della parola libertà. Saranno proprio loro, Sara e Vito, a dare sostanza a uno scambio proficuo tra giornalismo, filosofia, teologia e teatro che farà di Libertà rampanti un progetto speciale di forte impatto, presentato in luoghi artistici e storici della Puglia. Il progetto stesso apre una stagione di stretta collaborazione con la Regione Puglia che vede Perrotta impegnato in modo costante nella sua terra di nascita.
Invece, nella sua altra terra d’affezione, l’Emilia Romagna, la Permàr Compagnia Mario Perrotta inaugura per il comune di Medicina un progetto composito con molteplici attività dedicate al territorio tra le quali la prima edizione della rassegna Contemporaneo | Teatro del tempo presente. Le attività sono possibili anche grazie al sostegno che la compagnia riceve dalla Regione Emilia Romagna che, bontà sua, colloca la Compagnia al primo posto della sua categoria, ossia le imprese di produzione e distribuzione teatrale della regione stessa.
Nel 2023, prendendo le mosse dal progetto precedente che si concludeva con una riflessione su Calvino, Perrotta – abitato ancora da aspirazioni molto rischiose decide di mettersi a fianco di Calvino e, con lui, ragionare ancora di libertà, convinto com’è che essa sia per Calvino un’ossessione che ne accompagna tutta la parabola letteraria. Anzi, non pago, Perrotta prende in prestito un personaggio minore di Calvino, un personaggio tratteggiato in appena una pagina – il Nano de La giornata d’uno scrutatore -, e ne fa il protagonista del suo nuovo progetto Come una specie di vertigine / il Nano Calvino, la libertà. I primi esiti pubblici del progetto terminano con una spiazzante serie di standing ovation prima che le luci si spengano sulla vicenda, il ché lascia senza parole l’intera compagnia per la cosa insolita in sé e per la regolarità con cui accade, pur in teatri e contesti lontanissimi tra loro. Perrotta è ancora lì a cercare di capire qual è l’alchimia particolarissima che permette questo genere di fenomeno mai vissuto in precedenza…