Prima Guerra

Prima GuerraQuattordicidiciotto

«Perrotta e Roscioli, affiancati sulla scena dai musicisti Mario Arcari ed Enrico Mantovani,
affidano alla sola voce le mille sfumature di un testo splendido, potente nella semplicità ruvida di un parlato dal sapore trentino
e in perfetta fusione con una musica e un cantato che ora è racconto e ricordo, ora è pura emozione»

Alessandra Agosti, Il Giornale di Vicenza

Recensito.net

La “Prima Guerra” dei trentini: storia sconosciuta, tragica e toccante

Allo specchio come essere italiani al fronte in due modi differenti. Nel suo dittico sulla Grande Guerra, ricordo-monito e non celebrazioni, se in “Milite ignoto” Mario Perrotta era tutta la Babele di lingue dialettali sparsi per lo Stivale e confluite nel fango e nella melma di una trincea-latrina sperso a difendere una manciata di terra marcia, qui in “Prima guerra” è un confronto a due, in controcampo, in controcanto, in contropiede, contraltare e contrappasso, tra un lui andato a sparare di baionetta e lei rimasta a volerne sentire dolorosamente e nostalgicamente quel peso addosso mai afferrato, quella felicità intravista e poi sparita. “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità” (John Kennedy).
Due amanti semplici che si scrivono lettere che mai arriveranno, che nella fretta lei (Paola Roscioli caparbia e dolce, compagna anche nella vita) è stata sfollata, che nel trambusto lui (di nome fa Toni come quel Ligabue che così poliedricamente Perrotta ci ha raccontato nella sua recente trilogia conclusasi sul Po) ha cambiato riparo sotto un elmetto esile, confidando nella fortuna e nel buon Dio più che nelle dotazioni d’artiglieria. “La guerra delle isole Falkland? Due calvi che litigavano per un pettine”
(Jorge Louis Borges).
Perrotta, insieme a Roscioli e a Silvia Ferrari, pochi mesi fa hanno fondato l’associazione “Permar”, staccandosi dall’ITC San Lazzaro e dal Teatro dell’Argine; Permar che è ovviamente Perrotta Mario ma anche quell’andare, quel girovagare ulissiano, quel viaggiare curioso e instabile, fonte di conoscenza, scompiglio, dolore e voglia di sapere, d’apprendere. “Le superpotenze si comportano da gangster, ed i paesi piccoli da prostitute” (Stanley Kubrick).
Questo “Prima Guerra” è un’indagine di Perrotta sugli italiani trentini e giuliani, terra di confine, considerati temuti austriaci dagli italiani, e per questo vessati, ritenuti italiani infingardi dagli austriaci, e per questo deportati nei primi esperimenti di campi di concentramento. Dal Carso mandati a morire dagli austriaci perché possibili spie, spediti in campi profughi dagli italiani. In una terra di mezzo, in una terra contesa, i soprusi si raddoppiano. Le missive, che mai raggiungono il bersaglio, come frecce di un Cupido strabico, sono poesie rappate in canti popolari (vengono in mente gli ultimi progetti delle Albe ravennate), e l’atmosfera è quella delle ballate da sagra, dei sorrisi larghi di chi s’accontenta di quel poco o nulla che ha a disposizione. “Quando gli elefanti combattono è sempre l’erba a rimanere schiacciata” (Proverbio Africano).
Le lettere, pur non arrivando, si sovrappongono, come se si rispondessero, o, da entrambi i lati, chiedessero le stesse informazioni, volessero soddisfare la stessa curiosità di vita. Lettere mai recapitate nelle mani dell’altro ma è come se l’altro, a distanza di migliaia di chilometri ed all’oscuro della situazione in cui è immerso il partner, ne sentisse in sottofondo le esigenze, ne percepisse le volontà e le richieste. Combattono la stessa guerra, con armi diverse, ma lo stesso conflitto, patendo le stesse rinunce e pene (il concetto di fondo anche di “Donne in guerra” di Laura Sicignano del Teatro Cargo di Genova: “Finisce la guerra, ma non finisce la guerra che ho dentro”, dice la ragazza). Anzi, è come se scrivessero la stessa lunga lettera, come un telefono senza fili, come una maglia fatta all’uncinetto, un golf che tenga caldo. “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre” (Albert Einstein). Si scrivono per non morire prima del tempo, per tenere in vita quel filo, per allontanare le Parche con le loro forbici azzannatrici. Un’epopea tragica che solo la voce caracollante e marinaresca d’onde e salmastro di Mario Perrotta (nuovamente Premio Ubu, stavolta per il Progetto Ligabue) poteva raccontare, con quella leggerezza fatta di strappi e risalite, di salite dure da digerire, di atrocità vellutate con una risata di paese, di quella leggerezza spensierata che solo il non aver niente può regalare.
“Combattere per la pace è come scopare per la verginità”, diceva quello.

il Gazzettino

La Grande Guerra quotidiana di Mario Perrotta

Prima Guerra è un lavoro intelligente e profondamente umano, umile e forte, ironico e mesto. E in questo quadro in equilibrio tra la commedia amara e la tragedia vitale, Mario Perrotta non fa il pugliese che parla trentino, né scimmiotta un dialetto enfatizzato o sterotipato. Piuttosto fa l’attore, in pieno, e interpreta un personaggio credibilissimo di un giovane delle montagne sopra Trento. In scena, accanto a lui e pure più centrale nello sviluppo dello spettacolo, una intensa e bravissima Paola Roscioli. Capace di far piangere con la melodia di un canto di far vibrare un sorriso mentre scrive al suo promesso sposo al fronte lontano, l’attrice è il vero perno di questo lavoro. E’ un lavoro solido e forte, un’ottima prova di maturità per Perrotta e merita di essere visto.

Il Giornale di Vicenza

Prima Guerra” storie minime di vite travolte

[…] Esaltare le piccole storie per gettare luce sulla grande storia questo l’intento esplicito di Mario Perrotta che ricostruisce il conflitto bellico attraverso un dialogo fra Tony, da lui stesso impersonato e Maria, interpretata dalla brava Paola Roscioli. “Prima Guerra” è una bella pagina di Teatro che instaura un rapporto significativo tra palcoscenico e spettatori, in cui il racconto si fonde con la canzone e che ha il potere di evocare ed emozionare oltre che ricordare.

L'Adige

Toni e Maria, piccole storie nella Grande Guerra

Commozione e applausi al Cuminetti per lo spettacolo proposto da Perrotta e Roscioli
[…] Un crescendo ben modulato dai due interpreti, in una messa in scena giocata esclusivamente sulla forza della parola e della musica. Un’ora intensa con un pezzo di storia che ci appartiene. Tanti gli occhi lucidi a fine spettacolo e calorosi gli applausi, davvero meritati.

Klpteatro.it

Prima Guerra. Dalla piccola alla grande storia

[…] Perrotta sceglie il punto di vista degli italiani di confine, in particolare della zona di Trento, una parte della nostra Italia per la quale la guerra iniziò prima del 1915, ma finì sempre nel 1918. Sono gli antieroi, i diseredati, guardati con sospetto dagli austriaci e accusati di collaborazionismo dagli italiani: storie di uomini per lungo tempo dimentcati.

Il Mattino

Le parole visive di Perrotta e la “Prima Guerra dalla parte degli ultimi

Una zoomata di parole visive, come sa fare lui, e in pochi minuti la carta geografica del mondo si rimpicciolisce fino a entrare in un punto, una minuscola linea di confine tra l’Italia e l’Austrungheria del 1914. In quel punto, il Trentino. Sul palcoscenico la guerra mondiale è il destino dei singoli: Toni e Maria (la bravissima Paola Roscioli): vent’anni, sposi promessi e un futuro portato via dalla guerra. Il dialogo a distanza tra i due ha il linguaggio semplice dei contadini cadenzato dalle musiche originali eseguite dal vivo da Mario Arcari e Maurizio Pellizzari. Per rendere quel dialetto Perrotta ha inventato un gramelot, una lingua impastata di vari dialetti, che toglie la tentazione del provincialismo.

Il Giornale di Vicenza

Quell’amore travolto dalla guerra nel racconto del ragazzo Perrotta

Pesa come un macigno sul cuore quel primo bacio mai dato, quel sogno d’un amore giovane, bello e pulito spazzato via da una “grande guerra” che di grande, come tutte le guerre, non ha avuto nulla se non il dolore, la disperazione, lo squallore. E l’inutilità.
Con “Prima Guerra – quattordicidiciotto”, Mario Perrotta e Paola Roscioli hanno ridato voce, l’altra sera nel Parco di Ca’ Erizzo a Bassano del Grappa per Operaestate, a Toni, a Maria e al loro sogno d’amore travolto non solo dalla prima guerra mondiale, ma anche da quella guerra nella guerra che si trovarono a combattere gli italiani di confine – trentini e giuliani – schierati con un esercito austroungarico che li mandava al macello, ma non si fidava di loro.
Toni e Maria sono due ragazzi trentini come tanti. Nel 1914 lui ha diciannove anni, lei diciotto. Lui si è innamorato di lei per la dolcezza della voce e il candore della pelle. Lei ama il suo Toni di un amore sereno, che non chiede altro se non di diventare casa, famiglia.
Poi, in un attimo, il mondo si capovolge, le piccole ma solide certezze della quotidianità vengono travolte dall’onda di piena di una guerra. Toni e gli altri uomini del paese vengono spediti al fronte. Le donne, i bambini e gli anziani vengono portati via. Nessuna notizia, nessun contatto.
Passano i giorni, i mesi, gli anni. La guerra lampo si fa tempesta senza fine. Toni morirà, ucciso dai colpi di un russo a guerra ormai finita. Di lui non resterà che una piccola croce senza nome. Maria darà il suo nome a una di quelle croci, per poter piangere e cantare un’ultima canzone al suo Toni.
Perrotta e Roscioli, affiancati sulla scena dai musicisti Mario Arcari ed Enrico Mantovani, affidano alla sola voce le mille sfumature di un testo splendido, potente nella semplicità ruvida di un parlato dal sapore trentino e in perfetta fusione con una musica e un cantato che ora è racconto e ricordo, ora è pura emozione.
Sulle sponde del Brenta carezzate dalla brezza, sotto un cielo pieno di stelle nel parco della villa bassanese che nel 1918 ospitò la croce rossa americana ed Ernest Hemingway, volontario del ser- vizio ambulanze, il racconto di Toni e Maria, autentico e poetico, ha strappato lacrime e applausi.

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