Mario Perrotta

La Stampa

Un bacio per Ligabue in questi tempi di vacche magre è un buon segnale che il Festival Primavera dei Teatri sia riuscito a rispettare l’appuntamento annuale: oltre a offrire una piccola rassegna di interessanti compagnie in quest’ultima settimana di maggio, l’evento richiama a Castrovillari (CZ) un pubblico fitto e motivato, con una percentuale di giovani […]

Un bacio per Ligabue

in questi tempi di vacche magre è un buon segnale che il Festival Primavera dei Teatri sia riuscito a rispettare l’appuntamento annuale: oltre a offrire una piccola rassegna di interessanti compagnie in quest’ultima settimana di maggio, l’evento richiama a Castrovillari (CZ) un pubblico fitto e motivato, con una percentuale di giovani molto maggiore della media di tali occasione. Tra i debutti nazionali io cronista ha scelto l’ultima fatica di Mario Perrotta, autore e interprete, che si intitola Un bès. Antonio Ligabue, prima tappa di un trittico annunciato sul pittore naif di Gualtieri, che ebbe una voga clamorosa appena dopo morto, una cinquantina di anni fa.
Qui Perrotta si concentra sui primi anni dell’artista, che prima di trasferirsi sulle rive del Po era nato in Svizzera da madre nubile e padre sconosciuto, e vi era rimasto fino a diciott’anni. L’interprete, che arriva dalla sala con un cappotto nero, mugugnando e chiedendo alle signore come un’elemosina, ma senza insistere, «un bés», un bacio, imposta da subito il doloroso personaggio del reietto, lo scemo del paese, chiuso in se stesso ma un po’ inquietante nei suoi sporadici tentativi di comunicazione.
Durante i circa 80’ del monologo di costui, emergono a tratti elementi del paesaggio interiore di Ligabue, che ogni tanto con la mano (sinistra) di Perrotta e sfoggiando una certa sicurezza traccia a carboncino, su grandi fogli bianchi montati su dei supporti, la linea delle montagne viste da bambino, la sagoma di una mucca, il viso severo della madre che lo ha respinto, frammenti di un passato del quale tenta ancora, confusamente, di capacitarsi.