Alla rassegna teatrale di Castrovillari domina il racconto della rovina prodotta dalla marginalità
La cultura rischia d’essere sempre più marginale, nella nostra economia,coscienza ed esistenza, e la “coraggiosa” XIV edizione del festival “Primavera dei Teatri” di Castrovillari (Cosenza) diretto da Saverio La Ruina e Dario De Luca esplora, almeno nel caso dei tre spettacoli, alcune vicissitudini, certi fenomeni e qualche estremo cui condanna la marginalità sociale. Un’ottica che rende la manifestazione molto in sintonia coi nuovi mali del Paese, associandoli a linguaggi e a formule contemporanee.
Prendiamo l’esempio di Mario Perrotta, già narratore di odissee del lavoro, che qui ha proposto Un bès. Antonio Ligabue, il primo di tre movimenti dedicati all’infinita solitudine e diversità di un artista che nacque in Svizzera e poi produsse a Gualtieri tanti visionari paesaggi, pagando a lungo lo scotto d’una discriminazione per la fama alienante che colpì i suoi quadri, e la sua stessa natura irrazionale. Perrotta, con una barba incolta, un cappottaccio, chiede un bacio in bocca qua e là al pubblico, e parla della madre, della “mutter”, e con bell’istinto disegna dal vivo sagome femminili con essenzialità a volte alla Munch, e plasma bene tiritere stralunate e terragne con inflessioni emiliane che riferiscono dell’accusa di mancanza di comprendonio, e trasmettono la bellezza del disincanto, della felicità perduta, del confino cui lo ridusse il benpensantismo […]