Mario Perrotta

La Guida

I baci non ricevuti di Ligabue Davvero uno degli spettacoli più belli visti in Italia negli ultimi anni. Si sta parlando di Un bès di e con Mario Perrotta, vincitore (non a caso) del premio Ubu come miglior attore del 2013, andato in scena – causa mal tempo – nella suggestiva e raccolta chiesa di […]

I baci non ricevuti di Ligabue

Davvero uno degli spettacoli più belli visti in Italia negli ultimi anni. Si sta parlando di Un bès di e con Mario Perrotta, vincitore (non a caso) del premio Ubu come miglior attore del 2013, andato in scena – causa mal tempo – nella suggestiva e raccolta chiesa di Santa Croce di Racconigi (e non nel consueto parco dell’ex Ospedale Psichiatrico) per “La fabbrica delle idee”. Dell’attore-regista-drammaturgo pugliese negli ultimi anni si sono già applauditi al Toselli di Cuneo due terzi della “Trilogia dell’individuo sociale” (altro Ubu): Il Misantropo e Aristofane Cabaret. Un bès è, invece, la prima parte di una nuova trilogia dedicata a Antonio Ligabue (1899-1965), ovvero, dice la Treccani, “il più noto dei naïf italiani”. Il pittore emiliano (ma nato a Zurigo) ebbe una vita a dir poco difficile e infelice: abbandonato dalla madre biologica e poi rifiutato da quella adottiva, alternò ricoveri in manicomio a periodi di vagabondaggio, schernito da tutti, fino alla conquista – a sorpresa – di una pur tormentata fama. I suoi quadri, visionari e inquieti, mostrano una natura esotica e selvaggia, onirica e ancestrale, aprendoci la porta della sua psiche sconnessa. Una figura ideale, secondo Perrotta, per indagare sul concetto di diversità. In un monologo teso ed emozionante, l’attore diventa davanti al pubblico lo stesso Ligabue, con il suo modo di parlare che mescolava il tedesco dell’infanzia, un italiano sconnesso e il dialetto emiliano. Evoca con forza i momenti più importanti della sua vita, aiutandosi con i bellissimi disegni al carboncino che traccia lui stesso con notevole bravura su grandi fogli, dove appaiono di volta in volta luoghi e persone, come la Mutter, la madre adottiva, amata e poi odiata, protagonista di uno dei momenti più toccanti, o gli ottusi compaesani di Gualtieri. Il tutto scandito da un minimo comune denominatore: la richiesta di affetto e di amore, di quel “bacio” del titolo mai ricevuto.