Mario Perrotta

Corriere della Sera

Un bès. Antonio Ligabue. Fantastiche visioni e incubi di un artista «Dam un bès», «dammi un bacio» frase che risuona, ora richiesta triste, ora rapinosa, ora rabbiosa, ora timida, ora disperata ma sempre percorsa dal tono affranto della solitudine, in Un bès. Antonio Ligabue (il 25 giugno a Milano, Festival «Da vicino nessuno è normale»), […]

Un bès. Antonio Ligabue. Fantastiche visioni e incubi di un artista

«Dam un bès», «dammi un bacio» frase che risuona, ora richiesta triste, ora rapinosa, ora rabbiosa, ora timida, ora disperata ma sempre percorsa dal tono affranto della solitudine, in Un bès. Antonio Ligabue (il 25 giugno a Milano, Festival «Da vicino nessuno è normale»), spettacolo di Mario Perrotta, primo di tre movimenti intorno alla figura dell’artista svizzero tedesco dalla nascita e adottato dalle nebbie e dalle calure della Bassa Padana, dalla natura selvaggia che ha avvolto la sua indole. Un essere tormentato di cui Perrotta racconta i fatti salienti di una vita già segnata, come dice il personaggio, dalla data di nascita, il 18 dicembre 1899, 13 giorni e si apriva il nuovo millennio e chissà forse la vita di Antonio sarebbe stata un’altra. Il padre mai conosciuto, la madre morta improvvisamente, il bimbo dato in adozione e poi denunciato dalla madre adottiva stessa perché violento, difficile, i manicomi, l’espulsione dalla Svizzera, l’arrivo a Gualtieri. E qui l’incontro con l’arte, l’abbraccio furioso con la natura, la fama per questo artista solitario, commovente, inquietante, «Al matt» come veniva chiamato. Quinte mobili in vetro cemento, girate svelano grandi fogli di carta sui quali Perrotta disegna, accompagnando la narrazione, un paesaggio di montagna, delle vacche, un accenno di volto. Perrotta è anche Ligabue, ne usa la lingua dallo strano accento emilian-tedesco, compone discorsi, racconta fatti. In equilibrio tra essere e narrare, lo spettacolo offre un ritratto palpitante di un artista e di una vita solitaria, selvatica, percorsa da incubi che grazie ai pennelli si trasformavano in fantastiche visioni.