Mario Perrotta

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Teatri d’oggi/Baci dalla provincia La prima cosa che si nota, dopo le le ciminiere dell’Ilva, entrando nei dedali di viuzze del centro storico, osservando i palazzi fatiscienti di una “Taranto vecchia” che volendo restaurarla diverrebbe un gioiello, la prima cosa che si nota dopo queste e altre cose è il mare. Mare tutt’attorno però “impraticabile”, […]

Teatri d’oggi/Baci dalla provincia

La prima cosa che si nota, dopo le le ciminiere dell’Ilva, entrando nei dedali di viuzze del centro storico, osservando i palazzi fatiscienti di una “Taranto vecchia” che volendo restaurarla diverrebbe un gioiello, la prima cosa che si nota dopo queste e altre cose è il mare. Mare tutt’attorno però “impraticabile”, circondato com’è dal porto industriale e dalle acciaierie.
Startup Teatro è un coraggioso progetto che nasce e si sviluppa a Taranto, nella Puglia cha ha saputo far tesoro come pochi in Italia dei fondi europei di sviluppo regionale. Nasce grazie alla volontà del Crest, storica realtà teatrale della città, con la direzione artistica di Gaetano Colella e la collaborazione della rete di residenze “Una net”. Il sottotitolo recita “Generazioni tra le macerie”: spettacoli che spaziano con disinvoltura fra teatro, danza e performance, ma anche incontri per fare il punto sul mercato teatrale e sulle residenze. Sarebbe bello poterle riconoscere, le macerie. Vorrebbe dire che il crollo è avvenuto, significherebbe che non resta che provare a ricostruire. Invece di macerie se ne vedono, paradossalmente, “troppo poche”, convinti come siamo di navigare fra difficoltà che supereremo, chi stringendo ancora di più una cinghia sull’orlo di spezzarsi, chi sgomitando per preservare i propri privilegiati contratti foraggiati da soldi pubblici.
“In questo luogo desideriamo raccontare un teatro in grado di dialogare col pubblico”, diceva venerdì sera Colella aprendo il festival. E in quel “desiderio” potrebbe stare la chiave con cui guardare ai luoghi e alle loro evoluzioni. Siamo nel quartiere Tamburi, a ridosso dell’Ilva, quartiere esposto alle polveri del piu’ grande centro siderurgico d’Europa, nella città più inquinata d’Italia. Cosa cerca un teatro che nasce qui? Cosa chiede ai cittadini, e cosa si chiede? Per prima cosa, e ci sembra già molto, non è un teatro che festeggia: non ci sono aperitivi in foyer luccicanti, non ci sono dj set. Sembra invece esserci appunto il desiderio, la fame di vedere, forse di capire. Allora vale la pena, per una volta, provare a raccontare le opere con la lente del luogo che le ospita, in cerca di risonanze in grado di parlarci dell’oggi. Appunti di un diario in vista di discorsi più complessivi.
La danza di Virgilio Sieni sembra il giusto prologo per un festival siffatto, (…)
Rock Rose Wow di Daniele Ninarello è una partitura per tre corpi su un fondo elettronico ritmico (…)
Mario Perrotta entra quando il pubblico è già assiepato nella seconda sala del TaTÀ, chiedendo un bacio, Un bès, ai presenti. La voce si trascina in un impastato dialetto emiliano, la postura si disarticola per seguire le accensioni del protagonista, il suo destino di genio del disegno e di scemo del villaggio. Fogli verticali si riempiono di filiformi sagome disegnate dal vivo: una figura femminile, i contorni di un paesaggio. Così Mario Perrotta diviene il pittore Antonio Ligabue: senza interpretarlo, ma facendo in modo che il teatro sappia farsi carico di una storia. Perrotta riesce a manifestare di fronte a chi guarda un personaggio, come se Ligabue fosse lì di persona, come se il pittore si potesse presentare al pubblico. Una sospensione dell’incredulità che appartiene ormai a un teatro “classico”, e per questo oggi così difficile da fare accadere.
Tornando nella sala grande (…)