Milite Ignoto – quindicidiciotto – Primavera dei Teatri 2015
Straordinaria prima nazionale per l’ultimo, affascinante lavoro di Mario Perrotta. Dopo il successo dell’appena concluso Progetto Ligabue, torna in scena con un racconto di echi, voci di una storia vista dal basso, dalla trincea: perché il centenario della Grande Guerra sia ricordo delle persone comuni che non hanno spazio nei libri di storia e di un’Italia multiforme unita, per la prima volta, al fronte.
Milite ignoto – quindicidiciotto è un viaggio nella memoria storica spogliata degli ossequiosi e vacui doveri istituzionali. Nel centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, questi 70 minuti di teatro rappresentano una riflessione illuminante e affascinante sugli aspetti spesso dimenticati della nostra storia nazionale.
Mario Perrotta compone con sapienza una partitura verbale di suoni, colori, atmosfere che trascinano lo spettatore nella realtà scottante della trincea. Ma si va ben oltre: lontana dagli accademismi e dalle frasi fatte, la ricerca di Perrotta tenta la ricostruzione storica sulla via della riflessione linguistica. Non si propone (solo) di mostrare le tragiche condizioni di vita del soldato semplice in trincea, ma di tessere in un’armonia di voci il racconto di un’Italia disunita, frammentata, inconsapevole: un’Italia bassa, rurale, analfabeta che si incontra per la prima volta sul fronte per la conquista di Trento e Trieste.
E qui l’intuizione affascinante di Perrotta: far parlare al suo Milite Ignoto (ignoto agli altri ma anche a se stesso) una lingua multiforme, multicolore, fatta di dialetti concatenati che percorrono la penisola in lungo e in largo. E’ al fronte della prima Grande Guerra che l’Italiano incontra e scopre la molteplicità dei suoi connazionali, e la trincea diventa una Babele di dialetti i cui abitanti sono accomunati solo dallo stesso tragico e immeritato destino. La potenza della lingua dialettale sta nel suo farsi grammatica delle emozioni, ovvero lo strumento verbale più diretto di espressione dell’interiorità. La lingua di Perrotta, questa sorta di esperanto dialettale, vede perciò moltiplicarsi le possibilità espressive, assegnando ad ogni sentimento una diversa sonorità. Attingendo al prezioso fondo dell’Archivio Diaristico Nazionale, Perrotta racconta ingenuità, inconsapevolezze, disperazioni dell’Italia rurale dell’epoca, chiamata a passare da spettatrice a protagonista dell’ incomprensibile gioco di morte che è la guerra, con la straziante consapevolezza di restare fuori dalla “Grande Storia”, di rimanere “ignota”.
Solo su una scena nuda, forte di una consapevolezza notevole del palcoscenico, Perrotta parla ma pare cantare, la sua voce si declina in melodie perfettamente armonizzate; incanta il pubblico con i suoi gesti densi ed evocativi, pur mantenendo immobile il suo corpo dal busto in giù, vibrante di presenza, di reale. Si lascia la sala entusiasmati, commossi, colpiti da tanta perfetta bellezza e da tale emozionante intelligenza.