Mario Perrotta

Delteatro.it

Bilancio di Primavera (dei Teatri) Tira una buona aria a Castrovillari e in questa nuova edizione (la sedicesima) del Festival organizzato e creato da Scena Verticale: una presenza particolarmente significativa in una regione come la Calabria all’apparenza lontana e perfino disinteressata al teatro. Primavera dei teatri ancora una volta ha fatto piazza pulita di questa […]

Bilancio di Primavera (dei Teatri)

Tira una buona aria a Castrovillari e in questa nuova edizione (la sedicesima) del Festival organizzato e creato da Scena Verticale: una presenza particolarmente significativa in una regione come la Calabria all’apparenza lontana e perfino disinteressata al teatro. Primavera dei teatri ancora una volta ha fatto piazza pulita di questa falsa credenza, con un’incisività perfino superiore alle passate edizioni: merito dell’esperienza acquisita, delle generazioni di teatranti che spesso sanno lasciare un segno, della fortuna di una manifestazione in grado di coniugare il passato con il presente, alla ricerca di un “lascito” possibile fra generazioni, un ideale passaggio di testimone, salvo restando l’assoluta indipendenza e originalità di stili e ricerche diversi. Così quest’anno accanto alla nuova drammaturgia di Enzo Moscato, Saverio La Ruina, Fibre Parallele, Sergio Pierattini, Quotidiana.com, ha trovato un suo spazio l’edizione della Bisbetica domata della Factory Compagnia Transadriatica purtroppo non troppo felice nel risultato e la straordinaria performance di Mario Perrotta dedicata sull’anniversario del centenario della Grande Guerra del 1915-1918 Milite ignoto – quindicidiciotto, tratto dall’attore-regista-drammaturgo dai saggi e da alcuni diari scritti dai soldati magari proprio prima della morte e nei momenti più cupi del conflitto.
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Quanto La beatitudine è visceralmente drammatica tanto Milite ignoto di Mario Perrotta è “dolcemente brechtiano”. Dove l’avverbio mitiga l’aggettivo senza disconoscerlo in uno spettacolo in cui Perrotta è voce narrante e personaggio umanamente partecipe e, allo stesso tempo, narratore straniato.
Tutto questo è possibile perché l’interprete ama dare voce anche tragica ai piccoli uomini che hanno fatto l’impresa di vivere e sopravvivere in un ambiente ostile e, in questo caso, di unificare l’Italia. E li ricorda, con gesti minimi, quasi solo a sottolineare discretamente la presenza di un mondo quasi mai considerato con il suo quieto, laborioso eroismo vissuto non come dimensione eccezionale di una vita ma che ne è, al contrario, parte integrante come i colori, il variare delle stagioni, il lavoro nei campi, i baci, la voglia di vivere che rendono gli eroi quotidiani semplici esempi di un popolo, protagonisti di gesti e azioni che mai avevano pensato possibili. Ammirevole nella misura (e nella bravura), Perrotta ci regala uno spettacolo che, aldilà del suo indubbio valore artistico, dovrebbe essere presentato nelle scuole perché la sua visione “vale” un libro, scritto dalla voce, dalla presenza, dal gesto misurato di questo formidabile interprete che dà senso alle parole e alla vita degli altri.