Milite Ignoto – Quindicidiciotto
Con l’estetica del miglior teatro di narrazione questo monologo drammaturgico compone una favola surreale o surrealistica dove il sogno confonde la materialità sanguinante di una vita in guerra, posta ripetutamente di fronte alla morte tanto, alla fine, da quasi desiderarla. L’attore narratore compone e scompone le identità molteplici di quegli anonimi soldati mandati dal loro piccolo paese a morire in trincea nella Grande Guerra. Lo fa utilizzando e miscelando le disparate lingue e dialetti di cui ciascuno era portatore e che, proprio nella reciproca diversità, lo rendeva compagno di quelli che come lui aspettavano impauriti l’ultimo boato. Così le identità molteplici e multiformi diventano una, diventano l’unità di un comune destino, un destino di rabbia e di paura che scoperchia le ipocrisie e le menzogne di chi quella guerra volle ma non combatté. Anche questi ultimi sono molteplici, si chiamino clero e politici, re e alti comandi, ma in fondo anche loro sono uno solo (il capitale), come quelle vite al massacro intuivano forse senza capire. La narrazione diventa dunque drammaturgia di voci e di suoni, capace di accogliere il pensiero di tutti e di ciascuno. Prende vita così un milite ignoto, quello della consapevolezza, cui nessuno rende omaggio e che ancora aspetta su quelle montagne, ormai da cent’anni. Commovente anche se con qualche passaggio di troppo in cui l’attenzione incespica. In scena il bravo Mario Perrotta che ha scritto il testo dal libro Avanti sempre di Nicola Maranesi e dal progetto La Grande Guerra, i diari raccontano a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi. Una produzione Permàr – Archivio Diaristico Nazionale – DUEL – La Piccionaia.