Musica e colori per i tormenti di un pittore
Dopo Un bès, palpitante ritratto tra disegno e parola di Antonio Ligabue, artista dalla natura selvaggia, svizzero tedesco di nascita, adottato dalle nebbie e dalle calure della Bassa Padana, Mario Perrotta presenta Pitùr (il 16 al Festival Territori a Bellinzona) la seconda tappa del progetto dedicato al pittore, una partitura in movimento su musiche di Mario Arcari.
Perrotta sceglie un approccio quasi da teatro danza, un approccio fluido per cercare di catturare, di evocare il movimento dell’anima e dell’immaginario di Ligabue attraverso le azioni danzate di sette bravi attori, sette come i colori dell’arcobaleno. Seduto di lato all’interno di una cornice, Ligabue-Perrotta smozzica con intensità i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue riflessioni; e gli attori, vestiti di bianco e spostando candide tele bianche alte quanto un uomo, creano e cancellano azioni mentre il bianco si colora di frammenti di quadri, animali selvaggi, galli e galline, donne desiderate, paesaggi interiori, incubi di una vita tormentata che l’arte trasforma in fantastiche visioni. Mario Perrotta è un quadro parlante che alla fine si fonderà con gli attori, con i pensieri e le sensazioni in movimento nella mente del pittore in un fluire sincopato. Una sorta di aspro monologo interiore (con figure) che racconta di Ligabue, della sua indole, dei suoi stupori, del rapporto dei colori da opporre al bianco della follia, ma soprattutto, e con forza, della sua solitudine e dell’esclusione, angosciose compagne di tutta una vita. Un commovente, inquietante ritratto di “Al matt”, come veniva chiamato Ligabue, meglio, un autoritratto d’artista solo, “con la faccia da strappo per vedere se sotto ce n’è un’altra”.