Ligabue, Gualtieri, la “follia” e “l’arte è salva”
GUALTIERI (Reggio Emilia) – La Padania, terra dove l’uomo si misura con una natura generosa ma anche impegnativa, capace di offrire sostentamento per la vita in cambio un impegno gravoso, e solo come sanno fare i contadini abituati a lavorare nelle campagne. Il paese di Gualtieri (in provincia di Reggio Emilia), è un luogo dove si respira ancora l’atmosfera di una vita agreste e semplice, contornata da un paesaggio di terra e acque, (ci scorre vicino il maestoso Po), luogo divenuto famoso per aver dato ospitalità ad un artista molto controverso, il cui successo è legato indissolubilmente a questo territorio: Antonio Ligabue (Zurigo 1899-Gualtieri 1965). La sua pittura descrive un mondo immaginario ed esotico che va ad amalgamarsi ai paesaggi in cui questo uomo sofferente per una vita trascorsa in gran parte in solitudine, racconta con una potenza espressiva senza paragoni.
Ed è proprio qui che il progetto del Teatro dell’Argine ITC di San Lazzaro di Savena (Bologna), in collaborazione con l’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri, ha dato vita al “Progetto Ligabue – arte, marginalità e follia” , che vedrà nel mese di maggio 2015 il suo compimento finale, quando verrà messo in scena “Il paese e il Fiume – Gualtieri”. A capitanarlo è Mario Perrotta che ha debuttato di recente con Pitùr, (secondo movimento), dopo Un bès, (stagione del 2013). Tre movimenti ideati dall’attore pensati per indagare la marginalità e il significato della parola “confine”, focalizzato intorno alla figura di Ligabue, e al suo rapporto con i luoghi di vita: la Svizzera, nazione in cui è nato e vissuto fino ai 18 anni; il territorio di Gualtieri, le rive del fiume Po tra Reggio e Mantova.
Un atelier all’aperto dove l’artista dipinse la maggior parte dei suoi quadri e delle sue sculture. Nel 2015 Gualtieri diventerà un palcoscenico itinerante dove si esibiranno attori, musicisti, danzatori, video makers, artisti figurativi, come anticipa Mario Perrotta: “L’ultimo movimento del Progetto Ligabue vuole occupare Gualtieri e le sponde del fiume facendo esplodere in tutte le sue contraddizioni il rapporto tra il folle e il paese, partendo dalla piazza e invadendo il territorio intorno al fiume”. Non è un caso che Giovan Battista Aleotti, l’architetto che progettò la piazza, fosse noto all’epoca anche come scenografo teatrale. “La piazza del paese sarà il luogo di partenza per tre possibili percorsi, il palazzo Bentivoglio, il Teatro Sociale di Gualtieri e la sua prospettiva ribaltata, la golena, le due sponde del Po (…)”.
Rievocando le cronache del passato la storia ci riporta indietro nei secoli per ricordare come nasce il Teatro di Gualtieri, sorto all’interno del monumentale Palazzo Bentivoglio, una fortezza-palazzo, costruito tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600. In origine fu chiamato Teatro Principe e la sua edificazione la si deve all’ ingegnere architetto Giovan Battista Fattori nel 1775. Un incendio causò l’oblio per molti anni fino a quando nel 1905 l’Amministrazione comunale decise di restaurarlo e ampliarlo. Battezzato con il nome di Sociale, riapre nel 1907 con l’inaugurazione di una stagione operistica di grande successo con l’allestimento della Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e i Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Dopo un’epoca di successo il Teatro cessa la sua attività nel 1936 con la Norma di Bellini.
Negli anni Trenta entra il Cinema diventando il fulcro dell’attività teatrale e cinematografica della Bassa Reggiana. Lo stesso Ligabue era affascinato dalle pellicole che raccontavano storie esotiche, tanto da restarne ispirato nelle sue tele. La chiusura totale risale al 1979 fino a quando nel 2004 la Società del Teatro istituita nel 1905 per 99 anni cessa di esistere. Le previsioni sono infauste e il destino sembra aver deciso di mettere la parola fine. Se non accade lo si deve ai dei giovani ragazzi quando nel 2005 riaprono le porte del Teatro. Muniti di badili giorno e notte la popolazione si prodiga per riportarlo alla luce. Qui le cronache si fanno concitate: l’occupazione clandestina, la protesta per la ventilata decisione di metterlo in vendita all’asta. Le proteste degli abitanti, la ribellione collettiva, la reazione che permette di conservare un patrimonio artistico al suo legittimo proprietario: Gualtieri. L’arte è salva. Nasce l’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri nel 2009 al fine di istituire un progetto artistico e culturale e promuoverne la sua riapertura e gestione.
La genesi di un successo straordinario. Il Teatro riapre grazie ad un lavoro di restauro conservativo capace di poter ospitare spettacoli teatrali con una soluzione originale: la scena si inverte spostando la scena dove in origine c’era la platea, mentre il pubblico viene fatto accomodare sullo spazio del palcoscenico. La notizia circola e Gualtieri diventa celebre in tutta Italia. L’associazione riesce a portare artisti e compagnie abituate ad esibirsi in celebri teatri e i riconoscimenti non tardano ad arrivare. Ed è qui che Mario Perrotta ha recitato per tre sere di seguito Pitùr insieme a Micaela Casalboni, Paola Roscioli, Lorenzo Ansaloni, Alessandro Mor, Fanny Duret, Anaïs Nicolas, Marco Michel.
Un frammento della difficile esistenza del pittore Ligabue. Anni in cui questo uomo introverso e visto con diffidenza dagli abitanti del paese, internato anche in manicomio a Reggio Emilia. La sua pittura risente di queste vicissitudini drammatiche e conflittuali a partire da se stesso verso la realtà che lo circondava. Testimoni ancora viventi raccontano di averlo conosciuto come è accaduto a Piergiorgio Chittolini e Gian Luca Torelli, depositari di molti ricordi e aneddoti. Storie in cui esce un ritratto di un uomo solo e incompreso ma dotato di un talento fuori dal comune […]
Ospiti del Teatro di Gualtieri in occasione della recita di Perrotta, si ha la fortuna di trovare esposti documenti e fotografie in un luogo della memoria, conservati gelosamente e con grande scrupolo da Arneo Nizzoli, (proprietario e chef della Locanda del Peccato – Ristorante Nizzoli” a Villastrada di Dosolo di Mantova). Un uomo proclamato “Imperatore della zucca”. Il suo ristorante è al centro del paese, sulla sinistra del Po, nel cuore della Padania, tra Mantova, Reggio e Parma, gestito insieme alla moglie Lina, i figli Dario e Massimo. Qui era di casa Cesare Zavattini estimatore della sua cucina, saporita e dai gusti decisi […]
Ideatore del Premio Suzzara insieme a Dino Villani nel 1948, la cui giuria nelle prime edizioni era composta da da galleristi, storici e critici d’arte ma anche da un operaio, un impiegato e un contadino. I premi erano costituiti da prodotti della terra e dell’artigianato.
Tra gli artisti premiati ci fu anche Ligabue, un pittore che realizzava autoritratti dallo sguardo denso di rimandi psicologici, le raffigurazioni del mondo animale nella sua ferocia primordiale […]
Quadri usati come persiane di legno per le finestre, trovati nei fienili e nelle stalle. Il pittore li regalava o li vendeva per pochi denari. Ora le sue opere sono stimate a cifre esorbitanti. I suoi colori che ora si possono ammirare anche a teatro con l’allestimento di Mario Perrotta dove la sua arte si mescola alla sua follia creativa, per farne un assemblaggio tra movimento corporeo in cui gli attori/danzatori sanno creare figure coreografiche che si mescolano alle proiezioni di tanti frammenti colorati scaturiti dal pennello di Ligabue, il bianco dei costumi e dei pannelli che celano i corpi, a segnare il confine tra normalità e “devianza”.
Ne esce un affresco vivente, un ritratto in movimento che si avvale di una drammaturgia su più livelli composta da Mario Perrotta, il quale ha ispirato le atmosfere musicali affidate poi al compositore Mario Arcari. Musiche celebri, arie operistiche, brani adatti per raccontare un universo così difficile da penetrare. Dall’ouverture del primo atto dalla Traviata è stata creata una versione originale trasformata in una musica da carillon. Per le scene del “Manicomio” è stato scelto un bordone (un effetto armonico o monofonico di accompagnamento in cui una nota o un accordo sono suonati in modo continuo per l’intera composizione, sostenuti o ripetuti) dal titolo “Fluorescences” di Penderecki, con sovrapposta la “Siciliana” dal concerto per oboe e archi di Domenico Cimarosa. La scena relativa a “Vado a cagare” ha come sottofondo una polka della tradizione emiliana intitolata “La disperata” con sovrapposto la sigla del Pinocchio di Comencini virata in maggiore. La “Balera” si anima grazie a “Lux eterna” del compositore Ligeti e la sovrapposizione del brano “Tramonto” di Secondo Casadei.
Una delle scene più suggestive e riuscite di Pitùr è quella delle Mondine, dove il canto popolare originale è stato composto da Perrotta in persona. Dietro le donne intente a raccogliere il riso Ligabue appare intento a masturbarsi (la sua condizione psico fisica gli impediva ogni forma di relazione con l’altro sesso) e la scelta musicale è caduta su una Giga (una danza ad andamento veloce in tempo ternario utilizzata come forma colta dell’omonima danza popolare) dalla partita per violino n.2 di Bach alterata e reiterata dal compositore Arcari. La storia di un pittore raccontata per immagini e musica, la recitazione diventa strumento per esprimere ogni forma di espressività. Il teatro della vita.
E l’anima di Ligabue ritorna nella sua Gualtieri dove ha lasciato un segno tangibile di un talento che ha origini ancestrali e travalica ogni barriera o “confine” come lo definisce il suo “alter ego” artistico Mario Perrotta: « (…) il bisogno di raccontare un conflitto a tre tra lo “svizzero” Ligabue, il suo paesaggio interiore e il paese di Gualtieri sulle rive del Po. La necessità di rimettere al centro la mia attenzione la marginalità, di indagare la follia creativa che cambia le prospettive delle cose e dei luoghi, concentrarmi sulla parola “confine”. Usare il fiume Po come confine e Ligabue per scardinarlo quel confine».