Mario Perrotta

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Perrotta racconta l’Odissea vista dalla parte di Telemaco L’Odissea reinventata da Mario Perrotta parte da Telemaco, un personaggio spesso dimenticato, che ha sempre affascinato l’attore pugliese. Se la vita di Ulisse è un interminabile viaggio, quella di suo figlio è un’interminabile attesa: ogni giorno egli scruta il mare aspettando quella nave che gli riporterà l’amato […]

Perrotta racconta l’Odissea vista dalla parte di Telemaco

L’Odissea reinventata da Mario Perrotta parte da Telemaco, un personaggio spesso dimenticato, che ha sempre affascinato l’attore pugliese.
Se la vita di Ulisse è un interminabile viaggio, quella di suo figlio è un’interminabile attesa: ogni giorno egli scruta il mare aspettando quella nave che gli riporterà l’amato padre, un personaggio fantasma, perché Telemaco non l’ha mai conosciuto, non saprebbe attribuirgli né un volto né una voce. Eppure tutti dicono che è un eroe e Telemaco ci crede, si diverte a raccontare le avventure di Ulisse agli amici. Se le inventa, certo, perché la verità non la conosce, crea la sua personale Odissea, ingigantisce i fatti, trasforma gli episodi. Vuole raccontare di suo padre anche al pubblico in sala e per farlo diventa un intrattenitore del varietà: si rivolge agli spettatori, mostra la sua abilità nei giochi di parole, lavora su una comicità leggera e fresca. I due musicisti che lo accompagnano completano l’atmosfera: il racconto rapisce, i ritornelli musicali non escono più di mente, gli scioglilingua fanno sorridere.

Ma un figlio cresciuto senza padre non può essere così felice e orgoglioso: è solo una maschera, di nascosto Telemaco soffre, soffre tanto. Si fa bello con gli amici, ma in realtà non ha mai voluto un padre eroe, avrebbe voluto solo un padre. La musica si interrompe, gli occhi di Telemaco si fanno tristi, la sua voce torna quella di un bambino che chiede “papà, perché non c’eri quella volta, e quella volta, e quell’altra ancora…”

Sfruttando la magia del racconto e liberando la fantasia, Perrotta porta l’Odissea ai giorni nostri: non si parla di Itaca, ma di un paese del Salento, con la gente che mormora su Penelope-Speranza chiusa in casa da anni, e che maligna sull’assenza del marito. Il dialetto solo accennato nei suoni e in alcune parole evoca qualcosa di epico, lega il presente al passato. E poi c’è Antonio delle cozze, una specie di matto del villaggio che parla con il mare, anche lui sembra provenire da un passato antico: solenne nei gesti, saggio nei consigli, maestro della conoscenza. E’ lui che racconta tutte le avventure di Ulisse a Telemaco, sempre in bilico tra realtà e fantasia.

La messinscena è tanto semplice quanto efficace. Abile la gestione delle luci che disegnano luoghi, persone e addirittura emozioni. Ma la vera forza di questa Odissea è il meraviglioso Mario Perrotta che commuove, diverte, affascina. Passa dal comico al tragico mostrando virtuosismi vocali e mimici. Il suo talento da monologhista, già evidente nel precedente Progetto Cincali, qui si arricchisce e si prende delle libertà in più, sperimentando e mostrandosi a tutto tondo. La candidatura al Premio Ubu come migliore attore è senz’altro meritata.