Mario Perrotta

Libertà

Perrotta, canto dell’Ulisse che non c’è. Intensa interpretazione con musiche di Arcari e Pellizzari CARPANETO – Dopo l’odissea degli emigrati italiani all’estero, ecco l’Odissea del mito greco, dove versi omerici e dialetto leccese si fondono e confondono, dove Itaca diventa un paesino chiuso del Salento, dove Penelope è una donna reclusa in casa assediata non […]

Perrotta, canto dell’Ulisse che non c’è. Intensa interpretazione con musiche di Arcari e Pellizzari

CARPANETO – Dopo l’odissea degli emigrati italiani all’estero, ecco l’Odissea del mito greco, dove versi omerici e dialetto leccese si fondono e confondono, dove Itaca diventa un paesino chiuso del Salento, dove Penelope è una donna reclusa in casa assediata non dai Proci ma dai mormorii della gente, e dove Ulisse non c’è. E’ un’Odissea senza eroi, solo con una ferita. E’ una Odissea dove non si viaggia, ma si sta fermi, immobili, chiusi come le cozze che il mare non sa aprire. Questa è l’Odissea vista dalla parte di Telemaco, giovane abbandonato, figlio dimenticato. Questa è l’Odissea di Mario Perrotta, portata in scena l’altra sera a Carpaneto, per la stagione di prosa del Teatro Verdi di Fiorenzuola diretta da Paola Pedrazzini, che per l’ennesimo anno consecutivo ha reso la stagione intercomunale (nella “rete” di cultura anche i Comuni di Podenzano e Carpaneto). Perrotta non è un volto nuovo per il pubblico della stagione di prosa di Fiorenzuola: negli anni passati ha proposto La turnata, sulla tragica vicenda dei migranti in Svizzera (con un bimbo clandestino nascosto all’interno di quattro mura, che finalmente può tornare nella sua terra, bella perché sempre sognata e immaginata) e Italiani Cincali! sulla vicenda dei migranti in Belgio (mandati a lavorare nel buio delle miniere, e finiti schiacciati, come nella tragedia di Marcinelle). In quei due spettacoli Perrotta era solo in scena, con la sua sedia, gli occhi negli occhi del pubblico, un racconto che sembrava un fiume, nato da decine e decine di ore di interviste con i migranti che aveva incontrato da piccolo quando viaggiava in treno solo, dal sud al nord Italia, per raggiungere il suo papà. Nell’Odissea (lo spettacolo che ha appena debuttato a Bologna, prodotto dal Teatro dell’Argine) Perrotta non è più lui: entra in scena truccato, vestito con una consunta giacca da varietà. E’ trasformato. Questa volta non racconta, ma diventa un personaggio a tutto tondo, un Telemaco contemporaneo, tormentato, percorso da tante emozioni, attraversato dalla rabbia di un adolescente che odia il padre assente (anzi, neppure può odiarlo perché non c’è) oppure dall’orgoglio ingenuo di un bimbo che parla con un amico e gli narra eroismi di un padre mai conosciuto. Il corpo di Perrotta viene attraversato dal dolore della ferita dell’assenza, dalla sensualità dell’erotismo dell’isola della Maga Circe, dalla curiosità di un bambino verso Antonio delle Cozze che per tutti è lo scemo del paese, e che per lui è l’uomo che sa parlare al mare. E che al mare gli dà da mangiare. Telemaco è l’adolescente che urla alla mamma reclusa in casa, per scuoterla; è il giovanotto che scende sulla pubblica piazza, e con fare strafottente interpella e provoca la gente, sbattendo in faccia a tutti il suo dramma. Qui Perrotta usa il linguaggio irriverente dell’avanspettacolo con una scelta non banale e riuscita. Ma tutte le emozioni da cui Telemaco è scosso, i personaggi che incontra o con cui si scontra, è come se spingessero per uscire fuori da quel corpo unico di un attore pur straordinario. Perrotta è formidabile nel far parlare persino il mare. Nel dare corpo e voce ai personaggi della sua Odissea. Nel fondere parole e musica (eseguita dal vivo dai bravissimi Mario Arcari e Maurizio Pellizzari). Ebbene, il prossimo passaggio – necessario – è che il viaggio non lo faccia solo, ma che entri in relazione con altri attori. Il talento di Perrotta non è certo solamente per la narrazione. Perrotta è un artista a tutto tondo, è regista, compositore, drammaturgo: sa bene come creare la fascinazione del teatro. Con questo spettacolo lo ha dimostrato. Ora non gli resta che continuare il viaggio.