Mario Perrotta

Il Giornale di Vicenza

Lireta, onde di dolore e speranza lungo la traversata Albania-Italia L’infinita dolcezza di un cuo­re d’acciaio. Temprato al fuo­co della vita, della violenza, della libertà violata. L’invin­cibile determinazione di una bambina che diventa ragaz­za, ragazza che diventa don­na, e poi madre: di un’altra bambina, per la quale scrive­re un futuro completamente diverso da quello che […]

Lireta, onde di dolore e speranza lungo la traversata Albania-Italia

L’infinita dolcezza di un cuo­re d’acciaio. Temprato al fuo­co della vita, della violenza, della libertà violata. L’invin­cibile determinazione di una bambina che diventa ragaz­za, ragazza che diventa don­na, e poi madre: di un’altra bambina, per la quale scrive­re un futuro completamente diverso da quello che è stato il proprio passato.
È uno straordinario poema epico dell’odio e dell’amore, dell’orgoglio e del coraggio, della guerra subìta e della pa­ce sognata questo “Lireta – a chi viene dal mare”, che l’altra sera, dopo il debutto sotto il cielo e davanti al mare del Salento, l’autore e regi­sta Mario Perrotta ha porta­to per la prima volta in un teatro proprio a Vicenza, all’Astra, per la rassegna co­munale ”Terrestri” firmata da La Piccionaia, affidando­ne l’interpretazione a Paola Roscioli, con LauraFrancavi­glia alla chitarra e Samuele Riva al violoncello.
Ispirato alla storia vera dell’albanese Lireta Katiaj – il cui diario nel 2012 è stato finalista al Premio di Pieve Santo Stefano e che Terre di Mezzo ha pubblicato col titolo “Lire­ta non cede” – il lavoro di Per­rotta prende quel racconto della grande migrazione dall’Albania negli anni ’90 e lo rende teatro civile, storia di uno come storia di molti.
Incontriamo Lireta ancora bambina, figlia di un padre che beve e pesta, e di una ma­dre il cui amore non riesce a vincere sulla paura. La vedia­mo ragazza, innamorata del­la scuola ma rigettata nel ba­ratro dallo scoppio della guerra civile, a difendersi da tutto e da tutti: dalla violen­za, dal racket della prostitu­zione, dall’amore bugiardo. E la ritroviamo madre, per scelta.
La seguiamo nelle ripetute traversate dall’Albania all’Italia, nel nero del mare, tentate, non riuscite, ritenta­te: un’onda di dolore e di spe­ranza, che non trova pace. La troverà, alla fine, rischiando la vita per quella bambina e per il suo, il loro futuro.
Mario Perrotta colpisce nel segno. La sua scrittura arriva al cuore con nitida semplici­tà, mossa da un italiano impa­stato con i dialetti di una ter­ra lasciata e mai dimenticata e di una terra trovata e amata anche con le sue asperità. Al­lo stesso modo, la sua regia lascia lavorare la verità e la parola che la racconta, e le af­fida alla potente carica uma­na e comunicativa di Paola Roscioli, assolutamente splendida, morbida e spigolo­sa, misto di dolcezza e di furo­re, proprio come Lireta. Po­chi cenni, pochi movimenti bastano per disegnare un uni­verso di cose e persone, fatti e misfatti: la scena delle botte rabbiose e stupide del padre appena accennate da brevi, lenti gesti silenziosi vale,da sola, tutto lo spettacolo che si è visto all’Astra. Canzoni alla Kurt Weill alternate ad allunghi narrativi scandiscono co­sì, nella regia di Perrotta, fasi epiche e miserie quotidiane di una vita amara, ma comun­que vissuta, intrisa di un amo­re compreso fino in fondo proprio perché se ne è cono­sciuta l’assenza, la privazione intrisa e cosparsa da un sen­so di abbandono.
Un piccolo guaio al microfo­no del teatro durante la rap­presentazione non ha frena­to l’emozione, raccolta alla fi­ne in lunghi, convinti e since­ri applausi.