Mario Perrotta

Corriere della Sera

E i migranti offrono un caffé […] Ci porta dal tramonto alla sera. Dallo Jonio (vedevamo la punta da cui s’af­faccia Gallipoli) all’Adriatico. Tra le otto e le nove, da Nardò a Marittima di Diso/Acquaviva, a sud di Otranto. Dopo essere usciti dal pullman, saremmo discesi ancora un poco, a piedi, su un terreno accidentato. […]

E i migranti offrono un caffé

[…] Ci porta dal tramonto alla sera. Dallo Jonio (vedevamo la punta da cui s’af­faccia Gallipoli) all’Adriatico. Tra le otto e le nove, da Nardò a Marittima di Diso/Acquaviva, a sud di Otranto. Dopo essere usciti dal pullman, saremmo discesi ancora un poco, a piedi, su un terreno accidentato. Fa­ceva freddo. In fondo, c’era una visione schiz­zata fuori da un film di Edoar­do Winspeare: una piccola in­senatura, le rocce ai lati, una luce forte in alto, luci più deboli ai lati. Issato sull’acqua, un palcoscenico. Vi accedeva Pao­la Roscioli, interprete di Lireta – a chi viene dal mare: un rac­conto di Lireta Katiaj, nato dal­le storie che si raccolgono a Pieve Santo Stefano e che nella sostanza è una storia di tutti i giorni. Lei, Lireta, aveva lascia­to con ardore e con rammarico l’Albania (Valona è a settanta chilometri), c’era un tiranno, aveva un padre dispotico, il ti­ranno era caduto, aveva avuto un amore, poi un altro, infine quello vero, per Salvatore (da tempo aveva realizzato il sogno dell’Italia, le donne come lei hanno tutte un rimpianto e un sogno). In Sicilia Salvatore l’aveva amata per come era, con il figlio di una vecchia pas­sione, un’illusione, un frainten­dimento. L’indomita Roscioli aveva raccontato la sua vecchia storia – come quelle che ve­demmo, a proposito di Amelio, nel suo Lamerica – con aperta gestualità e con passione – ma ormai distaccata, come fosse in musica, come se l’accompa­gnassero le note ironiche e sbrigative di Kurt Weill.