La turnàta. Italiani cincali parte seconda
Festival Primavera dei Teatri – 6 giugno- Castrovillari – Dopo averci offerto una commossa evocazione – nell’intenso monologo Italiani cincali! – dei drammi dei nostri connazionali che negli anni Cinquanta dovettero emigrare in Belgio, e in particolare della tragedia di coloro che restarono uccisi nella terribile esplosione della miniera di Marcinelle, il bravo narratore Mario Perrotta affronta un altro doloroso capitolo dell’odissea dei lavoratori costretti ad andare a cercare occasioni di precario guadagno all’estero, quello che riguarda l’occupazione stagionale nei cantieri della vicina Svizzera. La turnàta. Italiani cincali – parte seconda non ha affatto l’aria di una ripetizione di un motivo già trattato: anzi, se possibile, appare persino più compatto e incalzante del primo. è la storia di un bambino clandestino, che per i primi anni della sua vita non può mai uscire di casa perché i genitori lo hanno introdotto nel Paese illegalmente. Ed è anche la storia di un morto clandestino, il nonno la cui scomparsa non può essere regolarmente denunciata, e il cui corpo viene dunque riportato in auto in Italia di nascosto, facendo finta che sia solo addormentato. Il tono amaro si intreccia con la tenerezza di un ironico affresco d’epoca, l’invenzione grottesca, paradossale si mescola alla rabbia per le sorti di un popolo obbligato a esporsi non soltanto allo strazio della lontananza ma anche agli insulti razzisti, all’emarginazione, al disprezzo. Perrotta è molto misurato nel passare di continuo dall’aneddoto minuto a una visione più ampia del fenomeno, che chiama in causa le responsabilità, o irresponsabilità, dei governi di allora. Ed è forse l’unico che può permettersi di far ricorso impunemente a una canzone di Al Bano.