La Turnàta di Perrotta ad Akropolis – Quando gli zingari eravamo noi italiani
Cinquant’anni fa gli albanesi eravamo noi, ricorda Gian Antonio Stella nel suo libro sull’emigrazione italiana. La stessa cosa fa Mario Perrotta con i suoi spettacoli, dedicati alla gente del Meridione cui, 50 anni fa, fu fatto credere che “il paradiso” era a portata di mano, oltre le Alpi. E che la miseria si poteva vincere, sfruttati da stagionali nelle miniere belghe e nei cantieri svizzeri. Nel 2003, Italiani Cìncali! è stato il primo risultato del progetto teatrale cui Perrotta e il drammaturgo Nicola Bonazzi lavorano da anni. Quegli «Italiani zingari» (l’insulto rivolto più spesso a loro) erano i «meridionali» che un accordo internazionale strappava ai campi e mandava a morire nelle miniere del Belgio (malati di silicosi). La raccolta di documenti e testimonianze orali è proseguita e ha fruttato ora un nuovo episodio La Turnàta. Il monologo (ospite per una sera a Udine nella rassegna Akropolis) parte dai 700.000 italiani assunti stagionalmente in Svizzera a cominciare dal 1955, in base a regole d’ingaggio concordate tra i due governi. Regole che lasciano sgomenti per le condizioni alle quali i lavoratori italiani venivano assoggettati. Dalla clandestinità totale in cui vivevano i loro figli (espatriati illegalmente, murati in casa, chiusi negli armadi in caso di ispezioni) nasce il personaggio di Nino. Nove anni, una grande curiosità del mondo, un felice accento pugliese, Nino fa da filo conduttore alla «turnàta» che riporta definitivamente in patria la sua famiglia dopo 15 anni di lavoro stagionale. In macchina, col cadavere del nonno sul sedile posteriore («ma pare che dorme») e un sindacalista chiacchierone che spiega la lotta di classe come una partita a calcio; Nino ritorna agli ulivi e al mare che ha visto soltanto in fotografia, mentre l’Alfa Romeo 1300 con targa svizzera attraversa frontiere e macina asfalto e strada. La Turnàta è una documentata denuncia, ma è anche fiaba civile, romanzo di formazione, che la semplicità di Perrotta nello stare in scena (gli bastano una sedia e una canottiera bianca) e la minuscola evocativa colonna sonora trasformano in un’epica migratoria. «Quando si arriva, papà?» chiede il piccolo Nino, come si chiedono oggi migliaia di bambini che, da clandestini, attraversano il Mediterraneo sugli scafi e incontri spesso sulle strade italiane. Si arriva quando non devi più partire.