Mario Perrotta, per Akropolis 6, allo Zanon di UdineLa
Udine. Una componente su tutte rende magico il teatro: la sospensione di credulità. Ovvero il meccanismo messo in atto dal pubblico che, pur sapendo di osservare solo un attore, per un po’ finge di credere, e quando ne ha voglia si autoconvince, di trovarsi di fronte un re, o un assassino, o un eroe. Se c’è un genere che spinge al massimo questa “richiesta di collaborazione” al pubblico, questo è il teatro di narrazione, dove i personaggi non sono nemmeno presenti, ed è necessario inventarseli partendo dalla semplice voce del narratore. Certo, quando il meccanismo funziona. La Turnàta di Mario Perrotta, a Udine per la rassegna Akropolis 6, è narrazione che funziona. Di quella che zittisce il pubblico. E sufficiente osservare la concentrazione che si crea in platea, e riflettere, nel corso dei lunghi e sinceri applausi, sul fatto che in fondo l’attore non ha fatto altro che parlare per oltre un’ora, spesso seduto su una sedia posta al centro del palcoscenico. Seconda parte di Italiani Cìncali!, fortunato spettacolo dedicato al Belgio e alle terribili vicende di Marcinelle, La Turnàta, scritto assieme a Nicola Bonazzi, è una narrazione più intima, filtrata attraverso gli occhi di un bambino. E così il tragico ritorno di una famiglia di emigranti dalla Svizzera, dopo anni di lavoro e segregazione civile, diventa occasione allo stesso tempo di risate e riflessioni pesanti sul presente. Costretto dalla legge Svizzera a “non esistere” (agli stagionali era vietato il ricongiungimento familiare) il protagonista Nino deve vivere in clandestinità lunghi anni di infanzia, recluso in casa. Tragedia che, inutile dirlo, capita molto spesso tra i nostri attuali immigrati, senza che questo ci provochi particolari emozioni. Di emozione, ne La Turnàta, invece se ne prova. Perché nel teatro di Perrotta, dove il filo della narrazione scorre senza intoppi e con grande semplicità, l’effetto è simile a quello offerto dalla lettura di un romanzo appassionante: ci si scorda del mondo reale, e si entra in un mondo nuovo, costruito dall’autore ma anche, fortemente, da noi stessi, dalla nostra fantasia. E si vive tutto in prima persona. Ecco cosa ha di magico la narrazione efficace: regala a ogni spettatore la sua particolare storia, la sua risata, la sua immedesimazione.