Mario Perrotta

Tgcom.it

Quando gli italiani erano Commuove profondamente, fa male e fa ridere senza retorica. Descrive condizioni al limite della sopravvivenza, parla di disillusione, mortificazione, di uomini abbandonati al loro destino, nel disinteresse dello stato e dell’informazione. E’ Italiani cincali!, ovvero italiani zingari, il lavoro teatrale che Mario Perrotta sta portando in giro per l’Italia e che […]

Quando gli italiani erano

Commuove profondamente, fa male e fa ridere senza retorica. Descrive condizioni al limite della sopravvivenza, parla di disillusione, mortificazione, di uomini abbandonati al loro destino, nel disinteresse dello stato e dell’informazione. E’ Italiani cincali!, ovvero italiani zingari, il lavoro teatrale che Mario Perrotta sta portando in giro per l’Italia e che racconta dei nostri connazionali emigrati in Belgio e in Svizzera nel dopoguerra.
Ma non c’è da ingannarsi: la sua storia è “nuova”, giovane, piena di luci e contenuti, lontana dalle epopee mitiche di Little Italy e dello zio d’America, vicina come non mai anche a chi ha solo trent’anni e non ha vissuto nulla di simile nella propria vita. Perché è una storia vera che si tocca con mano, dal volto umano, terreno, reale.
Uno spettacolo semplice: una sedia, un attore, e la voce di un postino di paese che intreccia le storie dei protagonisti. Un postino che non solo consegnava le lettere, ma leggeva e scriveva quelle che si scambiavano gli uomini partiti e le madri e mogli rimaste sole e quindi conosceva tutto, anche quello che gli autori delle lettere chiedevano che non venisse letto, per non far soffrire troppo. Così alcune madri credevano che i figli fossero diventati “dottori”, alcune mogli aspettavano mariti che non sarebbero tornati più. Un reporter ideale, super partes, che nel nascondere certe verità mentiva per amore.
Mentivano per interesse invece lo stato italiano e quello belga, che sulla carta offrivano lavoro, in realtà barattavano mano d’opera in cambio di carbone. Troppa vergogna e troppi tabù intorno a questa vicenda. Silicosi, incidenti, condizioni disumane, i nostri connazionali dormivano nelle baracche dismesse dei lager, lavoravano fino a mille metri sotto terra, in fessure irrespirabili. Una realtà che si conosceva e che nessuno ha contrastato, mentre ogni anno aumentava il numero degli emigrati e anche il numero degli incidenti mortali. Fino al tragico epilogo di Marcinelle, dove persero la vita più di cento italiani.
Mario Perrotta offre dati, numeri, fatti, senza mai perdere il ritmo del teatro, senza far cadere mai il filo dell’emozione, così ben teso nella parlata di questo uomo comune, con una recitazione dialettale ma comprensibile, una gestualità paesana e quindi accogliente, il tono colloquiale del bar, dove la gente si racconta con semplicità e con schiettezza perché è “a casa” e non sotto i riflettori. Piccola grande storia da non perdere.