“In nome del padre, della madre, dei figli”, un viaggio nel mondo di oggi al Piccolo Bellini.
Applausi per la trilogia di Mario Perrotta
In nome del padre, della madre, Dei figli, è trilogia di teatro che Mario Perrotta ha immaginato come un viaggio nel modo di oggi. Viaggio in tre momenti che non fanno “format”, ma sono spettacoli d’autonoma e differente poesia e sintassi, da vedersi più avanti nel tempo in successione, come un’epopea interiore esposta con preoccupata impudicizia, un rimorso fatto incubo, un’ironica indagine che lucida lo specchio dell’oggi in cui conviene guardarsi. Per ora Mario Perrotta attore ed autore, regista attento e d’invenzione, è a due terzi del suo percorso.
Messo in scena In nome del Padre, lo spettacolo dedicato alla Madre è andato in scena a Milano, al Piccolo Teatro. Gioco un po’ acido, con le sue acute riflessioni, con l’ironia di un doppio incontro materno che sembra una sfida ed è anche un’accusa ad un “genere” consacrato e forse, per pigrizia o per conformismo, incapace di sottrarsi alla santificazione più ovvia ed alla certezza familiari costruite tra Whatsapp scambiati come sentenze definitive. Perrotta ci gioca avendo come interlocutore del pensiero l’intelligenza di Massimo Recalcati. La cui esperienza si somma alla sua curiosità e si aggiunge a quella di Paola Roscioli, partner d’acuta intelligenza in scena e nella vita, per un lavoro ricco e complesso di “confusione” delle verità possibili che suona come accusa a chi lo vede e non vuole essere “disturbato”.
Intanto al Piccolo Bellini si può vedere In nome del Padre, il primo movimento cioè, differentissimo, per costruzione e invenzioni, dall’altro. Qui in un percorso mozzafiato come per un’iperbolica scalata alla ricerca di un riequilibrio del rapporto padre-figlio Mario Perrotta mette insieme i percorsi fisici e mentali di tre padri, e l’interseca tra loro come per un enigmatico scambio di umori, cercando sguardi complici e ricevendo parole che suonano come accuse insopportabili, o silenzi eloquenti e disperati. Che significa essere padre se un figlio non ti guarda, se ti confessa la solitudine, se la sua diversità ti chiede sorrisi bugiardi?
Perrotta ha lingue distanti che percorrono l’Italia dal nord al sud, ha sguardi obliqui, gesti precisi, parole crudeli che tagliano l’aria ed il tempo nel precipitarsi arrabbiato dal passato lontano al futuro già presente e temuto. Ed il suo spettacolo, che lo vede solitario protagonista moltiplicato come in un gioco di specchi in cui ritrovarsi, lascia il pubblico turbato, ferito, un po’ offeso, eppure divertito ed emozionato a pensare al suo “essere padre” come inquietudine e premio a cui non è possibile sottrarsi. Le musiche che danno tempo e dilatano lo spazio dello spettacolo sono di Giuseppe Bonomo e di Mario Perrotta. Al Piccolo Bellini resta in scena ancora fino a domenica pomeriggio.