In nome del padre, figli senza amore che rifiutano gli adulti
In nome del padre è il primo capitolo di una trilogia sulla famiglia di Mario Perrotta e si avvale della collaborazione drammaturgica dello psicanalista Massimo Recalcati. Perrotta solo, nel vuoto del palcoscenico fa vivere tre padri, tre adulti alle prese con figli/figlie che si sono rinchiusi nella loro stanza e nella loro testa senza capacità di partecipazione o interessi, in assenza di perturbamenti e parole, “hikikomori” termine giapponese per chi rifiuta la vita sociale chiudendosi in un isolamento spesso estremo (a Priverno, Latina, il 17).
Tre padri, tre estrazioni sociali diverse, un colto giornalista del Sud, un capo officina veneto che ha soffocato la sua passione, la musica, per fare studiare il figlio e un padre ricco e «amicone», un adulto non adulto. Padri rifiutati dai figli, incapaci di capirne il perché, colti da un eguale smarrimento, e figli che arrivano indirettamente sul palco con la loro carica dirompente che uccide ogni certezza e luogo comune. Perrotta è bravo nel dare voce anche a chi non ne ha e forse finali positivi altro non sono che speranze, che i figli/e senza amori, popolati dal disagio e dall’indifferenza possano ritrovare la forza di vivere, combattere e sognare.