Perrotta, un attore per tre padri
Cosa mette a fuoco In nome del padre di Mario Perrotta? Perrotta, padre da cinque anni, giunge con l’ausilio di Massimo Recalcati alle medesime conclusioni per tre padri diversi. Li interpreta tutti e tre lui fino a giovedì al Teatro Secci di Terni. Il nostro tempo, scrive Recalcati, è il tempo del tramonto dei padri. Ogni esercizio di autorità è vissuto con sospetto e bandito come sopruso ingiustificato. Ma i tre padri di Perrotta sono già oltre. Abitano nello stesso condominio, in tre piani diversi. Uno è giornalista, il secondo è operaio, il terzo imprenditore. I diversi ambienti professionali e quindi culturali non ne diversificano le reazioni di fronte al silenzio dei figli. I tre giovani sono adolescenti, chiusi in se stessi, murati nella proprio stanza, di casa o interiore. Il giornalista condivide con gli estranei le sue difficoltà scrivendo, ma l’ipotesi più estrema cui arriva è che il figlio sia omosessuale. L’operaio, che da ragazzo voleva suonare la chitarra, da sempre ha rinunciato a un dialogo con un figlio il cui problema, come gli dice, è solo di avere sedici anni. Il terzo vuole uscire con Giada, con le sue amiche, ballare e fare il giovanotto. Ma mentre Giada è alle prese con l’innamoramento del ragazzo del primo piano, suo padre, con le sue amiche, e perfino con lei, fa il cretino. Perrotta è straordinario nel mutare accenti (parlate regionali, padane, siciliane e napoletane) e nel trasmettere nei movimenti delle mani le ansie di impossibile dominio della realtà dei suoi protagonisti.