Mario Perrotta

Sipario

I Cavalieri – Aristofane cabaret Ispirato al testo di Aristofane, I Cavalieri, questo spettacolo, ne rivisita la trama originaria per recuperare il fuoco del piacere dell’autore: mettere in scena i vizi e le umane virtù di un contesto sociale apparentemente civile. Aristofane voleva far riconoscere il popolo in quello che si andava a raccontare sul […]

I Cavalieri – Aristofane cabaret

Ispirato al testo di Aristofane, I Cavalieri, questo spettacolo, ne rivisita la trama originaria per recuperare il fuoco del piacere dell’autore: mettere in scena i vizi e le umane virtù di un contesto sociale apparentemente civile. Aristofane voleva far riconoscere il popolo in quello che si andava a raccontare sul palco. Ed è proprio questo filo rosso che ritorna attuale, legando lo spettatore all’ attore e quest’ultimo alle vicende corali, degli altri interpreti, divise in una partitura drammaturgica ben calibrata.

 

I sei attori intervengono a segmentare un argomento universale, come la rivoluzione o il potere assoluto, dentro un meccanismo ideato all’unisono; che si trattino le vicissitudini delle donne, le loro relazioni matrimoniali, il sesso e il non sesso, o di uomo vecchio e di un uomo nuovo, scopriamo il mondo attraverso gli occhi di una struttura teatrale contemporanea ma che di fatto appartiene ad un altro tempo storico, l’antica Grecia; molto interessante la volontà di ricercare queste similitudini. Insieme al musicista, i sei bravissimi attori sanno intervenire con precisione e colore nel loro personale intervento, necessario alla riuscita corale dell’opera, scelta, questa, azzeccata e ben strutturata dal regista Mario Perrotta. Tornano immagini, storie e racconti già visti che sanno di politica italiana e vita giornaliera. Il gruppo danza insieme, canta, si appoggia alla musica live dell’istrionico Mario Arcari, in un sali e scendi continuo su di una struttura di ferro.
Nasce il racconto dal capitolo Uno: Condominio Italia. Piovono riferimenti alle tasse, a chi le evade, ai pensionati che dovrebbero essere uccisi da bambini e a chi si da fuoco per davvero. Un concerto a 6 voci che si chiude con un inno ai fuggiaschi, dove l’intercalare che ritorna sempre è “c’è crisi“.

 

Le parole prendono corpo intorno all’immagine vista e rivista della plurilaureata con due master che non trova lavoro, insieme a chi il lavoro ce l’ha e deve provvedere per gli altri. Il guadagno in nero, il fuori target per tutto, lavoro, famiglia e figli, per finire c’è anche chi ha cambiato le misure corporee standard italiane ed è diventato alto 188 cm. Intuizioni intelligenti che sanno portare al cospetto del pubblico un’attualità surreale. Lo spettacolo volge al termine con il capitolo Due – l’uomo nuovo e porta su un piatto d’argento il soggetto politico innovativo: mediocre e analfabeta. Una tragedia, se non fosse gridata con estremo sottile sarcasmo. I riferimenti alla vita quotidiana si manifestano con le registrazioni audio dei soliti talk show televisivi, troppo spesso affini ai tg nazionali. Le urla incombono nel mezzo di una canzone strappalacrime e una presa in giro del nostro paese tra veline, calciatori e declinazioni di stato ed anarchia; una commistione vulcanica che allontana la disperazione e ci fa ridere. Uno spaccato realistico del nostro paese senza peli sulla lingua figlio del maestro della satira politica, Aristofane.