I Cavalieri – Aristofane cabaret
Finalmente il cabaret! La parola che Perrotta utilizza nel titolo è quanto mai azzeccata e tutt’altro che pretenziosa: lo spettacolo usa il linguaggio del cabaret classico (ricordate Fo, Gaber, Iannacci, la Monti…) e lo fa con bravissimi attori (all’occorenza anche sorprendenti cantanti) e un musicista di tutto rispetto (M° Mario Arcari).
Breve cenno alle musiche, già che ci siamo: filologicamente in linea con la tradizione del cabaret italiano, strumenti semplici (chitarre, rullante, tamburello, fisarmonica, poi due guest star: sax e clarinetto) e melodie molto orecchiabili, al limite del già sentito, che non hanno la pretesa di essere hit da classifica, ma sono perfettamente utili al raggiungimento del risultato finale.
Se avevate visto Misantropo sempre di Perrotta ricorderete una scenografia inesistente, fatta da un semplice fascio di luci rettangolare che circonda il centro della scena come a creare un dentro e un fuori, quasi come una gabbia. E in qello spettacolo ricordo di aver percepito una rabbia di Perrotta nei confronti della società (ricordo che si tratta di una trilogia sull’individuo sociale di cui il Misantropo era il primo, questo su Aristofane è il secondo). Bene, un anno dopo, quel fascio di luce rettangolare si sviluppa in altezza, creando un sopra e un sotto, un dentro e un fuori, un palco e una platea. Questa in sintesi l’Italia vista da Perrotta che utilizza gli schemi Aristofaneschi ma riscrive tutto adattando la feroce satira del commediografo greco verso l’Atene di allora (era già una democrazia) alla nostra Italia (è ancora una democrazia?).
A proposito di collegamenti: per tutto lo spettacolo ho avuto dei flash di Ettore Petrolini, sia per lo stile sia per i contentuti, come se la satira di allora, inserita nel contesto di un regime, fosse scritta oggi, in un paese che non è sotto un regime, o forse no? Questo dubbio mi è venuto quando, vedendo questo divertentissimo show guidato dal demiurgo finalmente libero da gabbie Mario Perrotta, mi sono accorto di questo: nel ventennio si usava il pronome “lui” per indicare Mussolini. Oggi, se in un dibattito qualunque (o al telegiornale) sentiamo parlare di lui, sappiamo tutti a chi ci si riferisce.
Spettacolo da vedere, Perrotta ha bisogno di questa libertà per esprimersi al meglio. Voto: 8 con lode.