Mario Perrotta

Liminateatri

Mario Perrotta e il sentimento della libertà Scelta felice quella di Mario Perrotta di tornare al monologo e farsi protagonista assoluto di una pagina, molto poco frequentata, dei racconti di Italo Calvino dove si fa osservazione critica e si analizza la realtà senza alcuna tentazione consolatoria.Ad abitare la scena sarà il Nano – ospite molto […]

Mario Perrotta e il sentimento della libertà

Scelta felice quella di Mario Perrotta di tornare al monologo e farsi protagonista assoluto di una pagina, molto poco frequentata, dei racconti di Italo Calvino dove si fa osservazione critica e si analizza la realtà senza alcuna tentazione consolatoria.
Ad abitare la scena sarà il Nano – ospite molto speciale del Cottolengo – che nella scrittura scenica del nostro autore-attore si fa testimone dell’inquietudine, per nulla romantica, del racconto “il più pensoso” (nella definizione dello stesso Calvino), La giornata d’uno scrutatore.
Qui vivono creature già morte che vegetano nel degrado totale, a cui la deformazione fisica sconvolge la mente e inaridisce il cuore e tuttavia non impedirà al Nano di prendersi la scena e liberare la sua voce interiore. Pensieri, emozioni, sentimenti a sfatare ogni pregiudizio per vivere momenti di libertà, per avere finalmente diritto alla parola.
Vestito di lustrini, inchiodato alla sua sedia di paraplegico, Mario Perrotta agita il corpo deforme e la sua immagine si dilata nella luce accecante e nel suono potente di una vecchia canzone di Jimmy Fontana: Il mondo che canta gli amori già finiti e gli amori appena nati, canta la vita che non si ferma mai un momento, canta la nostalgia. Ma è solo l’inizio di un viaggio che indaga il significato della parola libertà. «Volevo ragionare di libertà, una parola fragile che ha assediato i pensieri dello stesso Calvino ed è questo che mi ha consentito di affrontare un autore che mai avevo osato accostare al mio teatro», afferma l’attore.
E il racconto del Nano mette a nudo la sua anima e libera le fantasie più segrete al passaggio di suor Antica alla visione di quel corpo morbido e sensuale, mentre entrano in scena i personaggi della ricca opera letteraria di Calvino e rivivono nel racconto appassionato dell’attore-autore. Che ne ripercorre le gesta in un crescendo di emozioni che abitano le imprese rocambolesche del Barone rampante, i silenzi e i pensieri cupi di Palomar, le metamorfosi dell’armatura vuota di Agilulfo. Per incontrarsi in questo luogo improbabile che si fa palcoscenico di un altrove, dove si può sognare una vita diversa e soprattutto ritrovare la speranza. Di una libertà che nella nostra condizione privilegiata spesso non coltiviamo, rinunciando al piacere di trasgredire l’ordinamento del mondo.
«Se un solo uomo è oppresso, tutti sono oppressi» (Bertolt Brecht).