Mario Perrotta

Krapp’s last post

«Gira, il mondo gira / Nello spazio senza fine / Con gli amori appena nati / Con gli amori già finiti / Con la gioia e col dolore / Della gente come me».Una partitura musicale improntata alla leggerezza permea “S/Calvino, o della libertà”, presentato in prima nazionale al Teatro Carcano di Milano, punto d’approdo di […]

«Gira, il mondo gira / Nello spazio senza fine / Con gli amori appena nati / Con gli amori già finiti / Con la gioia e col dolore / Della gente come me».Una partitura musicale improntata alla leggerezza permea “S/Calvino, o della libertà”, presentato in prima nazionale al Teatro Carcano di Milano, punto d’approdo di un percorso avviato lo scorso anno dal premio Ubu Mario Perrotta.“Il mondo”, signature song di Jimmy Fontana, sigilla lo spettacolo all’inizio e alla fine.

Su una scena minimalista, un uomo con delle difficoltà fisiche: è seduto, anchilosato su una sedia, con i segmenti di un microfono che paiono avvitarsi intorno al suo corpo. I riflettori sotto i suoi piedi creano l’atmosfera sopita di un piano bar.Restare fermi, eppure avvertire un senso di vertigine. E infatti, come una conversione sulla via di Damasco, dalla prossima estate lo spettacolo cambierà titolo: si chiamerà proprio “Come una specie di vertigine. Il Nano, Calvino, la libertà”, ci anticipa lo stesso Perrotta.

«La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare» diceva Piero Calamandrei. Bisogna saperla respirare. E Italo Calvino, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, rappresenta il respiro della letteratura sulle storture e sulle angustie del mondo contemporaneo. Calvino, ovvero la leggerezza, l’immaginazione trasognata, il volo della razionalità sul fanatismo; la modernità sospesa tra sogno e ragione, da vivere ad occhi aperti.

“Le cosmocomiche”, “Le città invisibili”, “Palomar”, “Il barone rampante”, “Il cavaliere inesistente”; infine, “Lezioni americane”: sono queste le coordinate di Perrotta, i libri da cui parte per scardinare l’universo di Calvino e accedervi. Ma c’è bisogno dei suoi valori per comprendere anche la nostra epoca sgualcita da lockdown, guerre, egoismi, drammi come quello dei profughi. Tuttavia è “La giornata di uno scrutatore” a dare l’abbrivo allo spettacolo. Pubblicato nel 1963, il romanzo segnò una svolta nella poetica di Calvino. Egli abbandonò molte certezze che lo avevano sostenuto, in particolare la fiducia nel progresso e nella centralità della politica.La genesi del romanzo sta nella duplice esperienza di Calvino al seggio presso il Cottolengo di Torino (istituto religioso di carità per malati con gravi disabilità e malformazioni) prima come candidato alle elezioni del ‘53, in seguito come scrutatore. Calvino ne uscì modificato, e decise di scriverne. Il termine scrutatore si estendeva al campo metafisico dell’indagine sull’uomo e sull’universo. Ne nacque un viaggio interiore dentro l’umanità degradata e dolente, a contatto con handicap e sofferenze. Ed è ciò che troviamo in scena: la crisi della stessa idea di uomo nata dall’umanesimo e dall’illuminismo; la sconfessione dell’uomo razionale, artefice del proprio destino.Che cosa definisce allora il romanzo? Non la ragione, ma l’amore con cui Calvino osserva un padre che accoglie il figlio disabile rendendolo pienamente persona tra gli uomini.

Perrotta compare in scena con un blazer lustrato. Sciancato come un crocifisso contemporaneo, il suo personaggio riversa sulla platea un effluvio di parole biascicate, dipanate, liberate. Ottanta minuti di versi, note, rime, assonanze, parabole e iperboli, paronomasie e metafore, che proiettano il pubblico nell’infinito fantasmagorico di Calvino. Ritroviamo il Perrotta plurilinguista, affrancato e anticonvenzionale, di lavori come “Odissea”, “Un bès”, “Italiani cìncali”. I prodromi di questo lavoro risalgono a “Libertà rampanti – Indagine a tre voci sul concetto di libertà”, progetto con Sara Chiappori e Vito Mancuso presentato in Salento la scorsa estate. E di questo si va in cerca: di una libertà che è anzitutto inchiesta esistenziale e riconoscimento degli spazi altrui. Al centro, un uomo limitato nel fisico e nella mente. È la somma di tutti gli ossimori. In quanto personaggio calviniano, egli possiede un grimaldello per scoperchiare il mondo letterario dello scrittore. Incontriamo Cosimo del “Barone rampante”, che a soli 12 anni sale su un albero, rinuncia all’amore e diventa pazzo. Una canzone di spirito e corpo fra trap sincopato e rap introduce “Il cavaliere inesistente”, anima immateriale che stigmatizza le derive edonistiche della nostra epoca. Ci sono poi “Le cosmicomiche”, con la speranza che gli spazi dilatati dell’universo possano aiutare l’uomo a gestire meglio la libertà. E ancora “Le città invisibili”, con la difficoltà di riconoscere la felicità. Infine “Palomar”, e il senso d’inadeguatezza di fronte alla bellezza.

Ciò che però colpisce in questo lavoro è soprattutto l’abilità compositiva di Perrotta, con i dettami delle “Lezioni americane” materializzati attraverso una scrittura icastica e una prova attoriale convincente. Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità sono i riferimenti di un testo incalzante, veloce, immediato. Nessun indugio, nessun orpello. Il segreto della narrazione sta nell’economia del racconto: frasi e trame puntiformi, segmenti rettilinei, e un movimento serrato.Perrotta definisce l’incantesimo dei tempi narrativi calviniani anche facendo ricorso ad anafore ed epistrofi. La ripetizione contribuisce alla chiarezza. Conferisce alla narrazione il valore della ritualità. La concisione rende il massimo d’efficacia narrativa e di suggestione poetica. Perrotta adotta un ritmo appropriato ai personaggi e alle azioni: sinteticità e concentrazione, rapidità e scioltezza.

Le immagini s’interiorizzano nello spettatore attraverso l’interpretazione scenica. Perrotta tratteggia le azioni come se si svolgessero realmente davanti ai nostri occhi. Poi definisce i personaggi, con costruzioni mentali vive e legate alla nostra esperienza. “S/Calvino o della libertà” diventa «un’interfaccia sottile tra il lettore e altri mondi di parole, un invito al viaggio di cui non si conosce mai la destinazione» (“Lezioni americane”).