Mario Perrotta

Il Cittadino

Calvino secondo Perrotta Affrontare uno scrittore come Italo Calvino, soprattutto la sua opera, ci vuole molto coraggio. Indubbia è la sua popolarità, la ristampa continua della sua produzione letteraria (romanzi, saggi, le fondamentali lezioni americane, ecc.), partner in crime è anche la scuola che ne ha fatto nel corso dei decenni un classico cui affidare […]

Calvino secondo Perrotta

Affrontare uno scrittore come Italo Calvino, soprattutto la sua opera, ci vuole molto coraggio. Indubbia è la sua popolarità, la ristampa continua della sua produzione letteraria (romanzi, saggi, le fondamentali lezioni americane, ecc.), partner in crime è anche la scuola che ne ha fatto nel corso dei decenni un classico cui affidare le letture agli studenti sia durante l’anno scolastico sia per le vacanze estive. Ma, Calvino, oggi che si celebra il centenario della nascita, è molto di più di un classico. È uno scrittore a leggerlo attentamente che sposta il baricentro della sue narrazioni nel futuro. All’apparenza postumo. Ma che, ancorato alle ferree regole logiche del suo autore, potrebbe appartenere singolarmente ad ognuno di noi. Dunque: alla contemporaneità. Si diceva però del coraggio e chi di coraggio sulla scena ne ha molto è Mario Perrotta che, reduce dalle passeggiate psicoanalitiche con Massimo Recalcati, si è gettato sull’opera dello scrittore scegliendosi come parte un personaggio minore: il nano del romanzo “La giornata di uno scrutatore”, libro a forti tinte autobiografiche.Questo gli ha consentito di traslare in questo personaggio minimo, la sua apparizione occupa a stento una pagina, in un’operazione, “s/Calvino o della libertà” (visto al Teatro Carcano di Milano nell’ultimo weekend), che ricorda quella di Tom Stoppard con Rosencrantz e Guildstern sono morti: pretesti per aprire una galleria di nuove narrazioni all’interno di un racconto definito e strutturato. L’altro legame che si intravede a scorrere il teatro di Perrotta, già in più occasioni definito come teatro progettuale che nasce a blocchi, narrativi, sociologici, economici e trova inediti appoggi sia nella letteratura classica sia nella cronaca minuta e in episodi all’apparenza insignificanti. Come poteva essere il bacio reclamato a gran voce e disperazione dal pittore Ligabue in Un bès. In “s/Calvino o della libertà”, Perrotta, autorelegandosi su una sedia girevole, dà corpo, innominabile (vi è molto di quella reclusione fisica che è propria dei personaggi beckettiani), a uno di quegli esseri “fuori norma” che abitavano il Cottolengo di Torino (l’ambientazione fuori quadro resta quella della“Giornata” elettorale, sebbene i rimandi all’opera calviniana sono molti) e soprattutto voce che solo che lo spettatore ascolta, preso com’è in prima persona dal desiderio di vita e di attenzione che questo nano con estrema consapevolezza reclama dalla suora che lo imbocca e che pare non accorgersi di lui. Se non in un solo istante. In un fermo immagine che pare l’unico momento in cui ci si possa sentir liberi. Senonché in un fiero impeto di ribellione, tutto compreso nella sua mente, il nano comprende che in fondo a essere liberi come quelli che sono lì fuori non è sempre conveniente.