Mario Perrotta

Hystrio

Castel dei Mondi: uno sguardo a 360° sulla scena contemporanea The irrepressibles, Cirque-Théâtre Rasposo e Mario Perrotta tra i protagonisti della 15a edizione. La trasposizione teatrale di opere letterarie, si sa, racchiude sempre l’insidia d’un esperimento che può anche non essere felice. Accadde anche a Luigi Squarzina e a Tullio Kezich, allorché, adattando per le […]

Castel dei Mondi: uno sguardo a 360° sulla scena contemporanea

The irrepressibles, Cirque-Théâtre Rasposo e Mario Perrotta tra i protagonisti della 15a edizione.
La trasposizione teatrale di opere letterarie, si sa, racchiude sempre l’insidia d’un esperimento che può anche non essere felice. Accadde anche a Luigi Squarzina e a Tullio Kezich, allorché, adattando per le scene quello straordinario e del tutto singolare romanzo che è Bouvard et Pécuchet, non riuscirono a prescindere del tutto da una derivazione condizionatrice. La rappresentazione, vincolata dalle esperienze dei due piccoli
eroi che, vittime del conformismo, un bel giorno si mettono con ingenuo entusiasmo a studiare tutto lo scibile umano, nonostante che sulla scena ci fossero due attori di grosso calibro come Tino Buazzelli e Glauco Mauri, rivelava una insistenza scandita che aveva poca familiarità con lo sviluppo drammaturgico. Non a questo pericolo mi pare sia andato incontro Mario Perrotta nel riaffrontare il capolavoro flaubertiano e nel rimettere in pista quei due assurdi, bizzarri, e, forse, personaggi beckettiani ante litteram, che appunto rispondono ai nomi di Barthelemy Bouvard e Cyrille Pécuchet. Ieri zelanti scrivani che grazie a una ricca eredità si rintanano in una fattoria normanna, oggi due impiegatucci o forse precari che si danno a vizi cibernetici. Maniacalmente a gettarsi su google. A compulsare Wikipedia. Lo spettacolo trova nei suoi novanta minuti di divertente percorso una sua estrosa vitalità, perché Perrotta compie un ribaltamento completo. Salva il traliccio essenziale, ma riscrive con penna nuova, ma non meno sarcastica, coinvolgendo i due protagonisti dentro il nostro mondo tecnologico. Sono due internauti compulsivi che la fantasia del regista fa sbucare da un video (folgorante avvio) con volto stralunato e coperto di biacca. Due creature che, strappate al passato, sono proiettate nel futuro, pronte ad alienare la loro esistenza smarrendosi in una realtà virtuale in perenne cambiamento. Con questo omaggio alla grandezza di Flaubert, Perrotta conclude la sua Trilogia dell’individuo sociale aperta con Il Misantropo di Molière e portata avanti con I Cavalieri di Aristofane, e lo spettacolo avvince e convince forse più dei due capitoli precedenti. La satira della stupidità umana a emergere quanto mai feroce (frecce avvelenate molte battute, anche se qualcuna magari poi scade nell’ovvio), e tutto però a scorrere lungo un arco di umorismo sottile che pesca in molte fonti, a tratti anche alla comica del “cinema muto”. Persino con qualche compiacimento da parte dello stesso Mario Perrotta e di Lorenzo Ansaloni che, in perfetta osmosi, si lanciano in un match che non dà tregua. Bravissimi: il primo un Bouvard dall’accento leccese, il secondo un Pécuchet dalla carnosa parlata bolognese. A contribuire al successo anche la brava Paola Roscioli e Mario Arcari che, al pianoforte dilettandosi con le bachiane Variazioni Goldberg, anche lui contribuisce a spezzare l’incantesimo cibernetico.