L’Atto finale di Mario Perrotta si getta nella realtà virtuale
Grande successo all’Odeon di Lumezzane per Mario Perrotta in «Atto finale: Flaubert». Tratto dal romanzo incompiuto «Bouvard et Pécuchet» dello scrittore francese, la piéce chiude la trilogia teatrale «sull’individuo sociale», un lavoro di ricerca sul ruolo dell’uomo nella società occidentale «disgregata». In questo «Atto finale» lo stesso Perrotta veste i panni di Pécuchet, mentre Lorenzo Ansaloni è Bouvard. Al centro della rappresentazione l’Uomo e la sua affannosa ricerca del significato della vita (una «bestia di vita» ripete Perrotta in scena, rammentando tutto il passato che scorre su un maxischermo sullo sfondo del palco). Se lo chiedono di continuo, i due bravissimi attori, dall’inizio dello spettacolo: «perché siamo qui?». Il mezzo per cercare risposta altro non può essere che internet. Seduti su due sedie girevoli, i due personaggi, con una tastiera da computer appesa al collo, chiedono a Google di cercare con loro la risposta a quella che – citando la «Guida galattica per autostoppisti» di Douglas Adams – potrebbe essere la «domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto». Esiste Dio? Esiste l’infinito? Che cos’è l’amore? E la morte? Perrotta porta quindi in scena la globalizzazione post moderna, inserendo i due personaggi in uno spazio indefinito e indefinibile, dove non si può essere immuni neanche a Facebook, specchio di amicizie sempre più virtuali, in un mondo lanciato verso la dissoluzione dei legami reali. Solitudine e straniamento: è questa la condizione dell’Uomo moderno. Disorientamento in un mondo che non si riesce a comprendere, nel quale l’unica verità sembra essere quella proveniente dall’esterno, dal luogo più immateriale ed effimero esistente: quello telematico, ottenendo come unico risultato la certezza di essere soli e soprattutto «Sconfitti nella parola, sconfitti nel silenzio», Calorosi applausi per i due interpreti.