Mario Perrotta

Avvenire

Gli stolti tuttologi di Flaubert schiavi del web Rieccoli quei due assurdi, bizzarri, straordinari personaggi usciti dalla fantasia estrema di Flaubert che corrispondono ai nomi di Bouvard e Pécuchet. Li conosciamo bene. Due poveri scrivani un poco sciocchi, vittime del conformismo, che un bel giorno si mettono con ingenuo entusiasmo a studiare tutto lo scibile […]

Gli stolti tuttologi di Flaubert schiavi del web

Rieccoli quei due assurdi, bizzarri, straordinari personaggi usciti dalla fantasia estrema di Flaubert che corrispondono ai nomi di Bouvard e Pécuchet. Li conosciamo bene. Due poveri scrivani un poco sciocchi, vittime del conformismo, che un bel giorno si mettono con ingenuo entusiasmo a studiare tutto lo scibile umano. E tutto vogliono imparare. Sì che non v’è campo del sapere nel quale non si avventurino. Hanno cieca fiducia nella scienza e nelle idee cartesiane.
E non solo.
Ma questa volta, anche se si presentano ancora in sgualcita redingote, non li troviamo più rintanati fra montagne di libri in una vecchia fattoria normanna. Tutto, evviva la cybernetica!, si può imparare grazie a Google e Wikipedia. Sono diventati Bouvard e Pécuchet figli del nostro tempo, ma anche di un futuro prossimo venturo, visto che l’azione marcia fino al 2050. I due piccoli impiegati parigini in questa felice e originale versione di Mario Perrotta (molti naturalmente gli episodi tagliati, ma mantenuti quelli necessari all’oggi) si trasformano in due schiavi di Internet impegnati in ripetitivi esperimenti destinati naturalmente, come nell’originale, a fallire. Diventano due internauti compulsivi i quali alienano l’esistenza smarrendosi in una realtà virtuale in perenne cambiamento.
Con questa rilettura o, meglio, riscrittura del capolavoro incompiuto di Flaubert chiude Mario Perrotta la sua “Trilogia dell’individuo sociale” iniziata con Il Misantropo di Moliére e continuata con I Cavalieri di Aristofane e ci dà con Atto Finale – Flaubert, uno spettacolo coeso, denso di contenuto, avvincente e convincente.
Uno spettacolo dove la satira della stupidità umana è quanto mai feroce (taglienti le battute e quasi sempre a colpire nel modo giusto), ma tutto a correre lungo un arco di umorismo sottile, tributario a volte delle vecchie comiche del cinema muto.
Se i nostri due sciatti eroi paiono assomigliare o farsi antesignani di personaggi beckettiani (Ham e Clov o Vladimiro ed Estragone) a volte sembrano imitare i sublimi Stanlio e Ollio. Superba anche la parte visiva. Ottimo soprattutto il video iniziale dove i due protagonisti s’affacciano con le facce biaccate e sforano lo schermo per farsi poi piccoli eroi del vuoto e della solitudine. E in perfetta osmosi, in continua gara di bravura fra loro, sono Perrotta e il suo partner Lorenzo Ansaloni.
Il primo un Bouvard dall’accento leccese, il secondo un Pécuchet dalla carnosa parlata bolognese.
Con loro Paola Roscioli nel ruolo muto di una serva che alla fine con una canzone della Piaf spezza l’incantesimo del web. E Mario Arcari che al pianoforte esegue (eccellente trovata) le variazioni di Goldberg anche lui compulsivamente a spezzare l’incantesimo cybernetico.
Il debutto al Festival dei Mondi di Andria che alla sua 15ma edizione va sempre più rivelandosi come vetrina fra le più interessanti di quel “nuovo teatro” di cui Perrotta è senza dubbio uno della figure più originali.