Mario Perrotta

AndriaLive

Grande successo ieri per lo spettacolo di Mario Perrotta Tratto dal romanzo incompiuto “Bouvard et Pécuchet” di Flaubert, lo spettacolo chiude la trilogia teatrale “sull’individuo sociale”. Al centro della rappresentazione l’uomo, la sua solitudine e lo “sforzo di esserci, più ridicolo che mai”. “Atto finale: Flaubert”, a partire dai due personaggi “flaubertiani” Bouvard e Pécuchet, […]

Grande successo ieri per lo spettacolo di Mario Perrotta

Tratto dal romanzo incompiuto “Bouvard et Pécuchet” di Flaubert, lo spettacolo chiude la trilogia teatrale “sull’individuo sociale”.
Al centro della rappresentazione l’uomo, la sua solitudine e lo “sforzo di esserci, più ridicolo che mai”. “Atto finale: Flaubert”, a partire dai due personaggi “flaubertiani” Bouvard e Pécuchet, mette in scena l’Uomo e la sua affannosa ricerca del significato della vita, una “bestia di vita” ripete Perrotta in scena, rammentando tutto il passato che scorre su un maxischermo sullo sfondo del palco.
Seduti su due sedie girevoli, i due personaggi, con una tastiera da computer appesa al collo, possono viaggiare nel tempo utilizzando il più moderno mezzo di comunicazione: internet. Lo cercano su google un significato alla vita governata da “finitezza” e dall’”imperfettissimo intelletto umano”; attraverso una comunicazione a portata di click, Perrotta porta in scena la globalizzazione post moderna, inserendo i due personaggi in un non-luogo del tutto attuale, dominato dalla velocità di informazione, dalla superficialità dei contenuti e anche dalla vacuità comunicativa governata da Facebook, il social network a cui soccombono anche Bouvard et Pécuchet per soddisfare un “bisogno di amicizia”, scegliendo spesso la comunicazione virtuale e solitaria della chat, a quella reale, più difficile.
Solitudine e smarrimento. E’ questa la condizione dell’Uomo rappresentata in “Atto finale: Flaubert”. Disorientamento in un mondo che non si riesce a comprendere e di cui si rifiuta l’effimero, la vacuità, l’”indecenza” e la “stupidità”; un mondo in cui l’unica verità sembra essere quella proveniente dall’esterno, dal luogo più immateriale ed effimero esistente: quello telematico, ottenendo come unico risultato la certezza di essere soli.